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sabato 20 febbraio 2010
di José de Arcangelo
+ o - Il sesso confuso
C’era una volta l’Aids. E c’è ancora. Ora è in arrivo un documentario per ricordarlo a tutti!
Due anni di riprese tra Bologna e Roma, la Romagna e Milano, 35 interviste montate in un documentario di 90 minuti Un documentario sulle conseguenze, anzi sul fenomeno sociale che ne ha provocato il male del secolo (scorso), ovvero l’Aids: questo è “+ o – Il sesso confuso”. Effetti psicologici, oltre che fisici, sulle persone che l’hanno subito e sui tanti, troppi, morti che ha lasciato sulla sua scia. Ma anche sui rapporti pubblici e privati. Tutto questo ed altro nel lucido e toccante film del regista Andrea Adriatico e del giornalista Giulio Corbelli

Due anni di riprese tra Bologna e Roma, la Romagna e Milano, 35 interviste montate in un documentario di 90 minuti. Un documentario sulle conseguenzesul fenomeno sociale che ne ha provocato il male del secolo (scorso), ovvero l’Aids: questo è + o – Il sesso confuso. Effetti psicologici, oltre che fisici, sulle persone che l’hanno subito e sui tanti, troppi, morti che ha lasciato sulla sua scia. Ma anche sui rapporti pubblici e privati. Tutto questo ed altro nel lucido e toccante film del regista Andrea Adriatico (All’amore assente) e del giornalista Giulio Maria Corbelli. Si tratta infatti di un documentario, insolito ed originale, che attraverso testimonianze ed interviste restituisce la memoria storico-sociale di oltre un ventennio, ma anche l’atmosfera, tra paranoia e ‘razzismo’,  diffidenza e panico, provocati dalla mancata informazione dei primi anni e dalla disinformazione dei successivi, a cui si sono aggiunti pregiudizi e sensi di colpa, ‘cacce all’untore’ ed intolleranza, fanatismo (religioso e non), senza parlare delle inadeguatezza. Fino ad una certa rimozione.

E poi, anche e soprattutto, emozioni e sentimenti attraverso le impressioni di due persone nate nel 1966 (come i registi) che, negli anni in cui l’Aids comincia la sua opera distruttiva, si affacciano alla scoperta della sessualità. Due persone che vivono la storia della malattia da due differenti punti di vista possibili: quello di chi ha involontariamente aperto le porte della propria esistenza al virus, lasciandosi contagiare e passando nella metà campo della sieropositività, e quello di chi, a causa della malattia, ha perso amici, persone care ed anche occasioni e spontaneità, ma è rimasto fuori dal gruppo dei contagiati.
Avevo già pensato al film - esordisce Andrea Adriatico (Foto2) - e contattato l’ufficio stampa dell’Anlaids quando ho conosciuto Corbelli per un’intervista, a proposito della mia pellicola precedente. Così da questo incontro non casuale è nata la decisione di portare avanti il progetto insieme”.
Un documentario per raccontare come l’Aids abbia segnato gli ultimi 25 anni della nostra storia - ribatte Corbelli (Foto3) - che se ne sia consapevoli o no. E’ arrivato il tempo di rileggere questi anni di ‘epidemia’ in modo diretto e corretto, senza fantasmi. In maniera reale, cancellando le fittizie paure attraverso il racconto di quelli che li hanno vissuti. Nessuna malattia prima di questa ha provocato reazioni così forti: paura, sospetto, panico, ma anche solidarietà, impegno, mobilitazione. Sentimenti che si sono manifestati in maniera eclatante nella vita di alcune persone ma che, per la forza con cui si sono scatenati, non possono non aver sfiorato anche chi non ha avuto alcun contatto col virus. Però è anche un problema, una sorta di trauma, che col tempo è diventato estenuante, tanto che oggi molti dicono lasciamo perdere, non ci pensano più. Abbiamo abbassato la guardia. Quindi, il nostro è un film non solo per i giovani”.

E’ un fenomeno recente quello del virus che ha colpito soprattutto i giovanissimi - afferma invece la dottoressa Adriana Ammassari, medico infettivologo dell’Ospedale Spallanzani di Roma - e quelli che hanno meno di vent’anni e che vorrebbero fare il test trovano le porte chiuse perché non è consentito ai minorenni. Così diventa molto difficile parlare ai giovanissimi. Inoltre il 50 per cento delle diagnosi avviene quando la malattia è ormai conclamata. I pazienti si rivolgono al medico solo quando scoprono di averla, dopo che il virus ha covato per anni. Molto dipende dalla scarsa attenzione politica e sociale (che il test non venga fatto in modo efficace a tutti quelli che lo desiderano e senza discriminazioni né pregiudizi, ndr.). Senza un grande lavoro sul test il problema di fondo resta. Non bisogna temere il test ma ricercarlo per proteggere se stessi e gli altri, visto che i casi accertati in Italia sono ancora 150mila e quelli che probabilmente non sanno di essere sieropositivi si aggirano, secondo le statistiche, fra gli 80 e 120mila”.

Cosi, i casi di Aids sono quasi il doppio contando quelli che hanno contratto il virus però non hanno fatto il test. Anche perché dal momento in cui la diagnosi di Aids ha smesso di essere una condanna a morte, l’atteggiamento della popolazione è cambiato radicalmente. I media hanno abbandonato il tema Aids, le istituzioni - quelle italiane soprattutto - hanno realizzato campagne piccole ed inefficaci. L’assenza di informazione pubblica ha fatto sì che tra la fine degli anni ‘90 e gli inizi degli anni 2000 almeno due generazioni di giovani arrivino alla scoperta della sessualità senza che nessuno abbia parlato loro dell’importanza del preservativo come mezzo di prevenzione. Si è dovuto aspettare il gennaio 2008 perché finalmente una campagna ministeriale sull’Aids torni a parlare del profilattico. Nel frattempo migliaia di giovani sono cresciuti nell’illusione che il virus non sia più un problema.

Prodotto dalla Cinemare, + o - Il sesso confuso - Racconti di mondi nell’era Aids, dopo la presentazione il 26 febbraio nell’ambito di Visioni Italiane organizzato dalla Cineteca di Bologna e dalla Mostra Internazionale del Cinema Libero, approderà nelle sale del circuito Doc in Tour grazie alla Regione Emilia Romagna e alla FICE, distribuito da Vitagraph e sponsorizzato dalla casa farmaceutica Merck Sharp & Dohme. E speriamo che il film riesca ad entrare anche nelle scuole….
Simbolo del documentario una poltrona bianca. Una presenza neutra, ricorrente e silenziosa che accompagna, sostenendola, la trama di un documentario che vuol fare il punto della situazione sulla pandemia che ha travolto il Novecento. Non una malattia come un’altra. Piuttosto un fenomeno che fin dai primi anni scavalca l’ambito medico per sconvolgere i costumi, creare sentimenti profondi, di sospetto come di solidarietà, cambia il modo di rapportarci con gli altri. Oggi, ad oltre 25 anni dai primi casi, è giunto il momento di guardarci indietro e capire che cosa è successo. Com’è cambiata la nostra società? Che cosa è accaduto ad una civiltà che si è contagiata ed infettata di umori, dolori e disperazione portati in grembo da questo virus? Dove incontriamo e viviamo l’Aids? Che posto occupa nelle nostre esistenze? E infine: questa immane tragedia sanitaria, che è costata la vita di migliaia di persone, può costituire anche un’opportunità per l’umanità?

Le storie ed i volti di persone, tante e tanti diversi fra loro, come i luoghi in cui raccontano. Sono medici, attivisti, operatori del settore, personaggi dello spettacolo ma anche persone comuni. Da Franco Grillino (Foto4, presidente onorario dell’Arcigay nazionale (al Mercato Trieste di Roma), a Livia Turco (Foto5) ex ministro della Salute (all’Ara Pacis), da Barbara Ensoli, titolare della ricerca sul vaccino italiano anti-Aids (all’Istituto Superiore di Sanità di Roma), a Pol G. cantante del gruppo rap Assalti Frontali (al Gianicolo Junior Sport di Roma), da Alessandra Cerioli presidente di Lila (al Lido di Dante, Ravenna), a Don Roberto Sardelli (Foto6), sacerdote delle Case famiglia Caritas (all’ex Mattatoio di Testaccio). Ognuno a rappresentare se stesso messo di fronte ad alcune domande sull’Aids, sulla felicità, la vita ed il sesso. Senza bisogno di introduzioni o presentazioni ognuno affonderà, a proprio modo, le mani in un ‘impasto’ fatto di pensieri, racconti e descrizioni. Ognuno raccontandoci + o - la verità
Al progetto ha partecipato anche la cantautrice ed attrice Angela Baraldi (Quo vadis?), che interpreta il brano originale dei titoli di coda Nove ore. La fotografia è firmata (incluse le foto di scena) da Raffaella Cavalieri, mentre la colonna sonora da Massimo Zamboni.

Aids - Cronologia
Le origini
. Sono da poco iniziati gli anni ’80. Anni di edonismo in cui sopravvive il desiderio di comunità tipico del decennio precedente: c’è la voglia di fare gruppo, di condividere. condivisione di corpi nelle relazioni sessuali libere, condivisione di strumenti per l’esperienza della droga. In questo contesto l’Hiv piomba come un oscuro e imprecisato portatore di morte creando separazione e sospetto. È il 1981 quando negli Stati Uniti vengono descritti alcuni casi atipici di cancro nella popolazione omosessuale. Nasce la Grid - Gay related immuno deficency che solo in seguito sarà chiamata Aids
La risposta delle istituzioni. Nel 1983 a Parigi, il ricercatore Luc Montagnier individua il virus considerato portatore di una malattia molto contagiosa, denominata Sindrome da immunodeficienza acquisita. la portata dell’epidemia è ancora incerta: nel 1984 il segretario di Stato per la Salute degli Stati Uniti annuncia: “Speriamo di avere un vaccino  pronto per il test in circa due anni”. Da subito, la cosa più semplice è identificare la malattia alla droga e all’omosessualità. Relegando il problema a queste categorie viene meno la necessità di un reale impegno da parte delle istituzioni sanitarie. In Italia nel 1987 il Ministro della Sanità Carlo Donat Cattin invia la famigerata lettera agli italiani in cui raccomanda alla popolazione la castità: “L’Aids - dice il ministro - se lo prende chi se lo va a cercare”. Così le prime campagne di prevenzione arriveranno solo anni dopo, con il successivo ministro De Lorenzo.
Aids e show business. Nel 1985 la morte dell’attore Rock Hudson segna una svolta nella presa di coscienza della gravità della situazione. Se le istituzioni tacciono, il mondo dello spettacolo inizia a parlare con libri, film e interviste nel tentativo di abbattere l’omertà. Compaiono i primi fiocchi rossi sulle giacche dei personaggi pubblici. È il cinema, sopra tutti, a utilizzare il suo linguaggio per raccontare. Il primo film a parlare di Aids, sempre nel 1985, è Una gelata precoce a cui segue in Francia Once more di Paul Vecchiali. Ma è con Philadelphia che Hollywood affronta clamorosamente il tema nei primi anni 90, mentre contemporaneamente in Francia Cyril Collard racconta autobiograficamente le sue Notti selvagge. Nel 1991 è la volta di Freddie Mercury: anche lui se ne va, consumato dalla malattia, sotto gli occhi del mondo.
La risurrezione. Al congresso mondiale Aids di Vancouver del 1996 vengono presentati i risultati ottenuti sui primi pazienti trattati con la triterapia, il cocktail che mette insieme tre farmaci antiretrovirali. È la svolta. Nei reparti di malattie infettive, in cui fino all’anno prima morivano praticamente tutti coloro che entravano con una diagnosi di Aids, ora le persone si rialzano, escono in buona salute. Nasce la “sindrome di Lazzaro” che contraddistingue la vita di questi “resuscitati”. Da questo momento il problema si sposta sulla gestione di migliaia, milioni di persone che convivono con il virus: la produzione dei farmaci diventa un immenso business per le case farmaceutiche ma nei paesi poveri che non possono permettersi di pagare i medicinali l’Hiv continua ad essere la principale causa di morte.

La canzone Nove ore di Angela Baraldi
Troppe vite si arrendono
e si estinguono dentro di noi
troppi nomi trascorrono
come scie si dilatano ormai
Linee morbide attendono
mani attratte dal caldo che dai
linee morbide accendono
le ombre lunghe e i silenzi tra noi
in questi anni
anni

Troppi incroci confondono
i segnali e le tracce che avrei
troppe luci nascondono
facce, e l’eco di voci nei guai
in questi anni
anni

Troppo oppongo solo vaghe forze che non crescono mai
Troppo accolgo solo care forme che non bastano mai
Troppo attento con orgoglio ai limiti, e non dovrei

Buio quando irrompi a mezzogiorno
e sbaragli la putredine che scava dentro l’anima
e scusa se non trovo le parole per saldare
ogni debito di carne che ho con te
ma sento che non manca nulla e vorrei divorare il mondo
per la gioia faticosa che mi dà

Un vecchio scrive “lavala” sull’auto con la mano
in fila alle altalene c’è il futuro che è al lavoro
fidarsi di uno sconosciuto e acconsentire al vino
la mia scelta impopolare di dormire nove ore
la scelta impopolare di dormire nove ore
la scelta impopolare di dormire nove ore
nove ore nove ore nove ore


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