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mercoledì 27 novembre 2024
di Claudio Fontanini
HEJ JOE
Il bel film di Giovannesi con James Franco nella Napoli anni ’70
Un padre, un figlio e le conseguenze della guerra. Si comincia nella Napoli del ’44, liberata dal nazifascismo dagli angloamericani ma trasformata in un gigantesco bordello e assalita dalla fame. E’ qui che si consuma un rapporto fugace tra un soldato e una giovanissima prostituta italiana che porterà su di se le colpe della Storia
Un padre, un figlio e le conseguenze della guerra. Si comincia nella Napoli del ’44, liberata dal nazifascismo dagli angloamericani ma trasformata in un gigantesco bordello e assalita dalla fame. E’ qui che si consuma un rapporto fugace tra un soldato e una giovanissima prostituta italiana che porterà su di se le colpe della Storia. 

Basato su una storia realmente accaduta e divenuta leggenda nei quartieri Spagnoli, Hey Joe di Claudio Giovannesi, passato alla Festa di Roma nella sezione Grand Public, il film riporta quel  veterano di guerra pieno di debiti (l’ex moglie reclama soldi e minaccia di prendergli la casa dei genitori) e dedito all’alcool (un magnifico James Franco) dal New Jersey nella Napoli del ’71 sulle tracce di quel figlio mai conosciuto. 

Ci sono da recuperare 25 anni di assenza ma quel figlio è ormai diventato un uomo (Francesco Di Napoli) che lavora sotto la protezione del boss locale del contrabbando (Aniello Arena) e vive alla giornata dimostrando scarso interesse per il suo passato. 

Dai regali in tempo di guerra (carne in scatola, gomme americane e minestra in busta) all’inizio della società dei consumi con la base Nato a Napoli a fare da vetrina dei sogni) ecco in scena il rapporto Stati Uniti - Italia che si riflette nelle solitudine a  distanza di due personaggi che sono fatti della stessa pasta. 

Con una vecchia lettera ricevuta 13 anni dopo essere stata scritta (la madre di Enzo diceva a quel padre lontano che il figlio lo avrebbe voluto conoscere) che scatena sentimenti e rimorsi da combattere. Sarà un lento avvicinamento di due anime in pena tra giuramenti e promesse, battesimi e l’eco del Vietnam in tv, prostitute che si fanno chiamare Bambi (l’ottima Giulia Ercolini), una Mustang del ’66 in vendita e ferite di guerra (magnifica la sequenza nella quale padre e figlio a tavola si mostrano tagli e cicatrici). 

Un film di corpi, sguardi e silenzi supportati dalle note di toccanti brani partenopei d’epoca (Occhi di mare di Peppino Gagliardi in una delle scene più emozionanti del film) e la coscienza di un’altra vita ancora possibile (l’emozionante finale). 

A cinque anni da La paranza dei bambini, Giovannesi (qui autore del soggetto con Maurizio Braucci e la collaborazione alla sceneggiatura di Massimo Gaudioso e Sergio Vitolo) conferma il suo talento con stile classico e misurato che disdegna le scene madri e la retorica sentimentale preferendo concentrare lo sguardo su un rapporto livido, autentico e disperato. 

Mentre quelle strade e quei vicoli percorsi da Dean, una sorta di novello Ulisse, diventano un percorso di redenzione morale che forse hanno in una casa vicina al mare la sua destinazione.  




In sala dal 28 novembre distribuito da Vision     


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