Da un vecchio manoscritto di Federico Fellini e Tullio Pinelli (un trattamento-sceneggiatura di 80 pagine scritto alla fine degli anni ’40 e miracolosamente ritrovato anni fa) ecco un romanzo di formazione dai toni favolistici che attraverso le vicende di due scugnizzi che partono dalla Napoli del 1949 in direzione America racconta il nostro come eravamo migranti con evidenti allusioni all’oggi.
Si comincia nell’immediato dopoguerra, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria e coi piccoli Carmine (Antonio Guerra) e Celestina (Dea Lanzaro) costretti ad inventarsi ogni giorno la vita.
Lei, 9 anni, ha appena perso la zia nel crollo della casa dove abitava e ha una sorella che crede sposata a New York, lui, 12, vende stecche di sigarette di contrabbando e con la sua giovanissima amica complice truffa i giocatori di mazzetti con le carte.
Gli americani scarseggiano e gli affari latitano ma l’arrivo di una nave può essere un’occasione di svolta. Imbarcati clandestinamente a bordo della Victory diretta a New York con Domenico Garofalo (un misurato Pierfrancesco Favino) commissario di bordo dal cuore d’oro, eccoli vivere di nascosto nel dormitorio degli emigranti mentre sul ponte i ricchi aristocratici si godono il viaggio.
Arrivati a destinazione, dopo essere stati scoperti, scamperanno alla denuncia con la complicità di Garofalo che nasconde un doloroso segreto. Inizia da qui la seconda parte di un film che respira realismo magico e che porta quei due ragazzini in cerca del proprio posto nel mondo sulle orme della sorella di Celestina, nel frattempo detenuta in attesa di giudizio (si parla per la prima volta per una donna di pena di morte) per aver ucciso il suo promessi sposo.
Scopriranno la condizione di diversi (Da dove venite, dall’Africa? chiede una signora imbellettata per la strada) tra torte rifiutate in pasticceria (Non serviamo agli italiani si legge nel locale) e un agghiacciante documento originale sull’immigrazione italiana datato 1920 (Sono piccoli, scuri e puzzano…) che sembra scritto oggi da altre mani.
E’ la parte migliore del film di Salvatores che tra manifesti in strada che inneggiano al sogno americano e promesse di felicità rievoca un proverbio napoletano (Tu non sei straniero ma solo povero, chi è ricco non è straniero da nessuna parte) e impone al ragazzino di tracciare sulla sua mano una linea della fortuna inesistente in una delle scene più belle.
Ma Napoli - New York, tra valigie di cartone, voglia di emancipazione e dramma processuale (aggiunto da Salvatores in sceneggiatura), oltre che un trattato sulla solidarietà e sul mutuo soccorso è anche un film sui padri di seconda mano e su quella libertà individuale sulla quale si fonda la dignità della persona.
Con Salvatores che si accontenta di una regia didascalica e piatta da fiction televisiva nella parte napoletana (non aiuta l’interpretazione poco naturale della piccola Dea Lanzaro) tutta stereotipi e retorica in stile Amica geniale, per poi prendere il volo (o il largo verrebbe da dire vista l’ambientazione nel piroscafo) in un viaggio doloroso e divertente (la visita in carcere di Celestina alla sorella col Comandante di bordo che traduce depurando le confessioni dell’accusata) che ha nella parte americana il suo compimento, narrativo e stilistico (bellissime quelle passeggiate incrociate e in solitaria dei due ragazzini che si cercano in quartieri diversi al ritmo di musiche che ne rappresentano le diverse anime).
Tra cuccioli di giaguaro e noci rubate, prime volte davanti alla Statua della Libertà (Sembra la Madonna di Pompei dice Celestina che prega dal finestrino della nave vedendola per la prima volta) e un film al cinema per riconoscersi (Paisà di Rossellini con la bambina che vede il suo quartiere sullo schermo), campagne di stampa (Antonio Catania dirige La Libertà e mette in prima pagina il caso della sorella di Celestina) e adozioni giocate a carte, Salvatores si fa erede del grande cinema di Leone (il manifesto richiama quello di C’era una volta in America) e Tornatore (impossibile non pensare a La leggenda del pianista sull’Oceano) servendosi di un grande lavoro di squadra (lode a costumi e scenografie) che usa a meraviglia effetti ed affetti speciali.
In sala dal 21 ottobre distribuito da 01