Cinema d’autore e sberleffo fantascientifico, commedia surreale e apologo ridicolo sulla lotta tra il bene e il male incarnati nell’animo umano. Premio della Giuria all’ultima Berlinale, L’impero, il nuovo film di Bruno Dumont è un originale parodia del cinema degli effetti speciali condita dalle consuete provocazioni stilistiche del regista di L’età inquieta e L’umanità.
Nella Francia settentrionale, sulla Costa D’Opale, in un tranquillo e pittoresco villaggio di pescatori nasce un bambino speciale che scatena una guerra segreta fra forze extraterrestri per la conquista della Terra. Coi demoni delle forze Zero (guidati da un istrionico Fabrice Luchini nei panni di Belzebù) che si preparano segretamente all’invasione sotto le spoglie degli abitanti del villaggio e gli Uno (Camille Cottin è la Regina dell’Impero del Bene), all’opera per produrre un’evoluzione alternativa e benefica e uccidere il Margat (il bimbo appena nato sotto mentite spoglie e futuro principe imperiale e procreatore della razza Zero) prima della pubertà.
Con le rispettive legioni speciali che cercano di convincere l’umanità ad appoggiare la loro causa mentre sentimenti e istinti combattono una guerra senza fine. Tragicomico ed erotico (molte le scene di sesso), roboante, rocambolesco e sorprendente, L’impero mette alla berlina supereroi e dittatori mettendo a confronto due generi (odissea nello spazio e cronaca naturalistica) in un curioso mix di estetiche agli antipodi.
Tra decapitazioni e sentinelle esiliate, nulla supremo in arrivo, spade laser e due increduli e ridicoli poliziotti della Gendarmerie che di fronte all’imminente finimondo pensano all’Isis, il film di Dumont si allontana dagli stereotipi spaziali reinventando l’architettura del genere.
E così tra il paesaggio tipico della regione di Pas de Calas (mare, foreste, cavalli del luogo e un bunker della seconda guerra mondiale in un campo di grano) ecco l’invenzione di nuove forme visive con la Sainte Chapelle che diventa la sala di comando di una delle astronavi.
Una sorta di Mars Attacks! transalpino che dimostra come alla fine anche la vita umana abbia i suoi vantaggi (lo scopre un euforico Belzebù) e che senza un corpo non siamo niente. Un delirio organizzato al quale bisogna stare al gioco ma che regala sorrisi e riflessioni sullo stato del nostro tempo.
Magnifiche Lyna Khoudry e Anamaria Vartolmei, femmine tentatrici e guerriere affascinanti che si contendono, tra debolezze umane e piaceri demoniaci, le grazie del pescatore extraterrestre Jony (Brandon Vlieghe), il padre del Margat.
In sala dal 13 giugno distribuito da Academy Two