Una madre, una figlia e una linea di confine a separare mondi e fragilità emotive in parallelo. Diretto dalla franco-svizzera Ursula Meier e presentato in concorso all’ultima Berlinale, La ligne (La linea invisibile) si apre con un melodrammatico slow motion di una furiosa lite familiare che vede coinvolte Margaret (l’ottima Stéphanie Blanchourd, anche cantante e boxeur) una 35enne rabbiosa con una lunga serie di violenze inflitte e subite alle spalle e sua madre (Valeria Bruni Tedeschi) ex pianista scapestrata costretta a lasciare la carriera da solista per dedicarsi all’insegnamento musicale.
Ma la sequenza iniziale del film della Meier non è un manifesto di stile programmatico perché di antimelodramma si tratta.
Opera cerebrale e psicologica, emotiva e catartica, La ligne si gioca infatti sulla divisione e la frattura, morale e sociale, imposta dalla situazione iniziale.
Col giudice che stabilisce, in seguito alla denuncia della madre per comportamento aggressivo, un severo ordine restrittivo alla figlia: in attesa del processo, non potrà superare per tre mesi il confine di 100 metri dalla casa familiare. Letteralmente, perché Marion (Elli Spagnolo), la sorella più piccola votata alle preghiere e ai canti ecclesiastici, dipingerà sulla strada con un pennello blu quel marchio d’allontanamento parentale.
E intanto Margaret trova rifugio momentaneo nella casa del suo ex mentre le cicatrici di corpo e anima non guariscono e i tasti di un pianoforte in vendita suonano a condanna di un mondo in decomposizione. Perché il film della Meier- ambientato in una Svizzera inusuale ed eterogenea tutta crocevia di spazi- parla anche di talento sprecato, eredità culturali e luci del palcoscenico spente all’improvviso in un continuo rimando madre-figlia tutto giocato sui parallelismi nascosti sotto la superficie delle apparenze borghesi.
Con qualche forzatura nel finale (la riunione familiare natalizia), recitazioni non sempre intonate (la Bruni Tedeschi è sin troppo sopra le righe) e un senso di incompiuto che aleggia sul film. Che ha comunque il merito di essere anticonformista e ruvido nel tratteggio di un rapporto malato e pieno di non detti.
In sala dal 19 gennaio distribuito da Satine Film