Immersa nella vasca da bagno calda e con la testa sott’acqua la principessa Sissi prova ad evadere dal suo mondo mentre la dama di compagnia conta preoccupata i secondi nei quali non respira. Prove di una morte annunciata che Il corpetto dell’imperatrice dell’austriaca Marie Kreutzer filma come un percorso di consapevolezza, personale e sociale, al quale dà anima e corpo straziato la sensazionale Vicky Krieps.
Premiata a Cannes 2022 come miglior attrice della sezione Un certain regard ed erede naturale di Meryl Streep, l’attrice lussemburghese rivelatasi ne Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson incarna quell’ideale assoluto di bellezza al quale il film della Kreutzer si ribella facendo di questa biografia fantasticata un’opera antica e moderna al tempo stesso.
Col mito dell’imperatrice, storico e cinematografico (ad interpretarla negli anni ’50 in una trilogia fu Romy Schneider che poi ne stravolse l’iconografia nel Ludwig di Visconti nel ’72) che sfuma nella storia di un fantasma e di un’ossessione. Un po’ come accadeva in Spencer di Larrain incentrato sullo spaesamento allucinato della Regina Elisabetta, qui assistiamo alla rivendicazione morale di una psicologia fragile eppure mai disposta alla rinuncia.
Ed ecco Sissi 40enne nel 1877 (A questa età ci si sente come su una nuvola, ci si dissolve) stretta in quel corpetto come un cappio al collo da indossare a forza per piacere al mondo delle apparenze (ogni riferimento al nostro tempo non è puramente casuale).
Stanca del suo ruolo in società e della disciplina di corte, in crisi col marito Francesco Giuseppe (Non voglio che trasmetti la tua frenesia le dice Florian Teichmeister), inascoltata dai figli (Papà dice che non riesci a badare neanche a te stessa gli dice la piccola Valeria) e desiderosa di evadere da quella reggia prigione, la principessa Sissi fa di sguardi desideri e di incontri (col cugino Ludwig in Baviera, con la sorella in Inghilterra, con un aitante stalliero) possibilità.
Guidare le sorti di un impero contro rappresentanza simbolica femminile. Con Sissi che fuma senza freni, digiuna perennemente (pesava 50 kg), cavalca e tira di scherma (Sono più brava di te dice al consorte) mentre visita quell’ospedale psichiatrico nel quale regala violette candide ai pazienti e si vede riflessa nello specchio del destino.
Non credo di potermi attaccare a qualcosa tranne che a me stessa e anche questo è uno sforzo confessa Sissi che trova nell’eroina prescrittagli come analgesico dal medico e in quei meravigliosi capelli tagliati come gesto di ribellione la miccia per la fuga definitiva da quel mondo popolato da maschere.
E forse l’essenza di questa donna controversa e problematica (Nessuno ama nessuno, ognuno ama ciò che desidera dagli altri) sta tutta in quelle splendide immagini in movimento che la ritraggono felice e solare nell’immaginario incontro con Louis Le Prince (uno dei pionieri dell’invenzione cinematografica prima dei Lumiére).
Potenza dell’Arte e di un film ambizioso, solido, ieratico ed elegante capace di oltrepassare l’oggettività dei fatti (Elisabetta di Baviera morì in realtà nel 1898 uccisa a Ginevra dall’anarchico italiano Luigi Lucheni) nel nome della potenza del simbolo e della sua rappresentazione. E quel magnifico e struggente As tears go by arpeggiato dei Rolling Stones che rimane nella testa come un monito. Ne risentiremo parlare agli Oscar.
In sala dal 7 dicembre distribuito da Bim