Per il suo debutto cinematografico dietro la macchina da presa il palermitano Vincenzo Pirrotta (all’attivo 82 regie tra opere teatrali e liriche) parte da un fatto di cronaca (l’arresto di una banda che frantumava braccia e gambe a persone consenzienti a Palermo nel 2018 allo scopo di simulare finti incidenti stradali per riscuotere gli indennizzi delle assicurazioni) per poi compiere una vera e propria discesa agli inferi che mette in scena derelitti e miserabili uniti dalla voglia di fare soldi.
Realismo verghiano (viene in mente la parabola de La roba), personaggi dall’anima nera e nessuna concessione alla speranza (finale giustamente e coraggiosamente spietato) in Spaccaossa, presentato all’ultima Mostra di Venezia alle Giornate degli Autori e raro esempio di cinema italiano duro e puro.
Con un magazzino laido e abbandonato (quasi insostenibile la scena iniziale del trolley coi pesi da palestra dentro che cade dall’alto abbattendosi sul braccio teso anestetizzato col ghiaccio della vittima di turno) che diventa il teatro di un’opera ben diretta e magnificamente interpretata in siciliano stretto sottotitolato da un gruppo di attori affiatati e di gran resa.
Ad incarnare su di se il peso di una via crucis giornaliera c’è Vincenzo (lo stesso Pirrotta), duro ma non spietato uomo di malaffare che recluta per il racket ottenendo in cambio una piccola percentuale che gli consente di sopravvivere con la perfida madre anziana a carico (Aurora Quattrocchi).
Con Michele (Giovanni Calcagno) che si occupa delle pratiche burocratiche, Francesco (Ninni Bruschetta) che mette in scena i finti incidenti e Fasilina (Maziar Firouzi) ad eseguire materialmente le fratture e una macchina ben oliata che s’infiltra tra i portantini dell’ospedale.
Sarà l’incontro di Vincenzo con Luisa (Selene Caramazza), giovane tossica solitaria che l’uomo accoglierà in casa (Siamo niente mischiato con nessuno), a scompaginare carte e piani di ingranaggi consolidati che mal si addicono ai sentimenti improvvisi. Abissi morali e sangue da lavare, squallore e cinismo, muta complicità femminile (magnifica la sequenza di sguardi tra la Caramazza e Simona Malato), clienti ribelli (Luigi Lo Cascio, incallito giocatore di video poker e quasi irriconoscibile dietro un paio di occhialoni da vista) e impossibili redenzioni in un film dalla fotografia livida (firmata Daniele Ciprì) e che si apre alla luce e al profumo del mare in un’unica sequenza conviviale.
Scritto da Pirrotta con Ignazio Rosato e Salvo Ficarra e Valentino Picone (non di sole commedie si vive, bravi) Spaccaossa è una sorta di Brutti, sporchi e cattivi siculo che non fa sconti a nessuno (tantomeno allo spettatore) nel nome della verità.
Colonna sonora (Alessio Bondì, Fabio Rizzo e Aki Spadaro) che sottolinea la meglio drammaticità e l’ossessione di vite senza uscita impreziosita dalla struggente e sublime voce di Giuni Russo (una grande artista colpevolmente e troppo in fretta dimenticata) che in o vos Omnes rivolge direttamente allo spettatore la sua preghiera musicale con le parole tratte da un brano della Bibbia.
In sala dal 24 novembre distribuito da Luce Cinecittà