L’uomo che puliva, la cacciatrice di mosche e la ragazzina dal ciuffo viola. Tre personaggi e tre storie che si sfiorano per un thriller che si fa dramma esistenziale e collettivo sull’inconscio che regola il nostro agire. Dopo La ragazza nella nebbia (David di Donatello per il miglior regista esordiente) e L’uomo del labirinto, Donato Carrisi firma la sua terza regia cinematografica portando sullo schermo un altro suo bestseller.
Pubblicato per la prima volta nel 2020 (edito da Longanesi), Io sono l’abisso racconta di un serial killer italiano che uccide donne sole, bionde e sulla sessantina. Maniacale e solitario lavora coi rifiuti (Le persone dicono bugie, la spazzatura non mente) e scopre i segreti della gente nei sacchi che svuota ogni giorno.
Con Carrisi che gioca col genere e rivela l’assassino poco dopo l’inizio del suo film perché ad interessargli è altro. Per esempio l’acqua, quella del lago di Como- dove è ambientato il film- o quella di una piscina abbandonata nella bellissima sequenza iniziale, a sottolineare che questo è un film che nasconde vizi e perversioni affettive sotto la superficie e l’apparenza delle cose.
Inquietante ed enigmatico, spiazzante e carico di pietas per il mostro (ma chi non lo è senza amore?) Io sono l’abisso è un film di personaggi che prevalgono sulla storia e di zone grigie dove non esistono innocenti. Dove il sogno è sparire per ricominciare a vivere e dove il male è un cerchio che stringe come un cappio al collo.
Tra porte verdi da non attraversare e un vecchio fatto di cronaca (attenzione al rovesciamento di prospettiva), numeri telefonici tatuati sulle braccia e scatole di fiammiferi, un portachiavi con un piccolo carro armato di latta e un dancing frequentato da anziani (magistrale la sequenza dell’approccio con la prostituta mentre suona Non posso perderti di Bobby Solo), auto-mutilazioni e revenge porn, Carrisi accompagna lo spettatore in un viaggio nella natura umana che spaventa ed affascina con la complicità della suggestiva colonna sonora composta da Vito Lo Re (Edizioni Curci e Palomar) e disponibile in digitale dal 28 ottobre..
Girato magnificamente e sostenuto da un apparato tecnico di rara precisione filologica e da un cast da applausi (su insolita richiesta del regista non riveliamo i nomi degli attori per spersonalizzare completamente i protagonisti della storia e rendere quanto più possibile realistiche le vicende narrate), il terzo lungometraggio di Carrisi, uno che ha studiato criminologia e scienze del comportamento (ha scritto anche una tesi su Luigi Chiatti, il mostro di Foligno) è un bel saggio sull’invisibilità e sulle maledizioni del passato. Da vedere.
In sala dal 27 ottobre distribuito da Vision