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mercoledì 8 settembre 2021
di Claudio Fontanini
QUI RIDO IO
Il magnifico film di Martone in concorso a Venezia tra storia e immaginazione
La vita e il teatro, la realtà e la sua rappresentazione in un gioco di maschere e specchi che ne riflette il senso dagli inizi del ‘900 ai giorni nostri.
In concorso alla 78ma Mostra del Cinema di Venezia, Qui rido io di Mario Martone è un film composito, appassionato e affollato di umori e personaggi. Una sorta di manuale dell’Arte
La vita e il teatro, la realtà e la sua rappresentazione in un gioco di maschere e specchi che ne riflette il senso dagli inizi del ‘900 ai giorni nostri. 

In concorso alla 78ma Mostra del Cinema di Venezia, Qui rido io di Mario Martone è un film composito, appassionato e affollato di umori e personaggi. Una sorta di manuale dell’Arte che rievoca, attraverso una figura leggendaria e controversa, un’epoca e un clima, culturale e popolare. 

Ma il nuovo e magnifico film del regista napoletano (autore anche della solida sceneggiatura con la moglie Ippolita Di Majo) è anche, e soprattutto, un’opera sulla paternità negata e sul mistero di una famiglia tribù. Quella di Eduardo Scarpetta (un magnetico Toni Servillo), il grande attore comico e re del botteghino nella Napoli della Belle Epoque dove splendono i teatri e il cinematografo inizia a far sentire la propria voce. 

Soppiantato il Pulcinella di Petito con Felice Sciosciammocca, quel padre-padrone sforna copioni e figli (tra legittimi e mai riconosciuti furono 9 tra cui Eduardo, Peppino e Titina De Filippo) in un romanzo corale che si nutre di una colonna sonora evocativa e della forza creativa di una città. 

Un patriarca amorale che passa indifferentemente dal letto della moglie (Maria Nazionale) a quello della cognata e della nipote acquisita (Cristina Dell’Anna è la madre dei De Filippo) tutte riunite e sottomesse sotto lo stesso tetto. 

Tra fame di riscatto e voglia di stupire, brama di vivere e ruoli da imporre (i provini come rito di iniziazione a tutti i figli nello stesso personaggio), lusso da sfoggiare e pranzi conviviali (magnifica la sequenza del sartù di riso diviso per i commensali da Scarpetta) l’ascesa senza limiti di quel capo compagnia vanesio e geniale si interromperà con un processo. 

Quello intentato contro di lui da Gabriele D’Annunzio che non gli perdonerà la messa in scena della parodia de La figlia di Iorio
Ed ecco all’orizzonte nemici artistici (la società degli autori che reclama un nuovo teatro d’arte) e figli che si ribellano (il piccolo Peppino è forse il personaggio più riuscito e toccante del film), bilanci esistenziali e filosofi in soccorso (il Benedetto Croce di Lino Musella che lo difenderà in Tribunale). 

Fino alla recita finale nell’aula del tribunale che consegnerà alla Storia un uomo impaurito soltanto dal tempo che passa e da una libertà d’espressione messa in pericolo (Che mondo è quello dove non si possono più deridere i potenti?). Vi ricorda qualcosa? 

Controllato e accurato come un film di Visconti, Qui rido io- aperto da una struggente inquadratura dei fratelli Lumière del lungomare partenopeo datata 1895- miscela a meraviglia fatti storici e invenzioni narrative con un rigore formale e una voglia di tramandare il nostro splendido passato artistico che meriterebbe sale affollate di giovani generazioni educate a clic e informazioni fulminee. 

Martone fa la Storia davanti ai nostri occhi con l’ausilio di un cast di formidabili attori napoletani da premiare in blocco. Facce, abiti, sguardi e colori che dal mattatore Servillo all’ultimo dei comprimari gettano luce su un mondo rievocato con forza e malinconiche suggestioni

Con miseria e nobiltà che si danno la mano aprendo l’immaginario a nuove figure (Servillo-Sciosciammocca ripreso di spalle con bastone, bombetta e lo sguardo verso l’orizzonte marino è Charlot) capaci di riconoscere ancora i veri maestri. Da non perdere.            


In sala dal 9 settembre distribuito da 01 


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