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giovedì 7 maggio 2020
di Claudio Fontanini
FAVOLACCE
Arriva on demand il film dei fratelli D’Innocenzo premiato a Berlino
Ci sono registi che impiegano una carriera prima di portare a termine il film della vita e c’è chi, invece, a 31 anni dimostra di avere una urgenza artistica, sociale e persino politica. E’ il caso, rarissimo, dei fratelli D’Innocenzo che con Favolacce (Orso d’Argento al Festival di Berlino per la miglior sceneggiatura) fotografano il grado zero dell’umanità prima del corona virus
Ci sono registi che impiegano una carriera prima di portare a termine il film della vita e c’è chi, invece, a 31 anni dimostra di avere una urgenza artistica, sociale e persino politica (un tempo non era una parolaccia) da fare invidia ai grandi maestri. 

E’ il caso, rarissimo, dei fratelli D’Innocenzo che dopo l’ottimo esordio del 2018 con La terra dell’abbastanza ora con questo Favolacce (Orso d’Argento al Festival di Berlino per la miglior sceneggiatura) dispiegano in faccia allo spettatore il grado zero dell’umanità prima del corona virus. 

Villette a schiera della periferia romana (anche se il design ricorda piuttosto la Suburbia americana), una piccola comunità di famiglie, sogni infranti e minacce striscianti ed invisibili per una sorta di Spoon River del nuovo millennio girato con uno sguardo allucinato e nerissimo

Tanti i riferimenti cinematografici (impossibile non pensare ad Haneke, al Todd Solondz di Happiness e a Pasolini), pittorici e letterari ma Damiano e Fabio D’Innocenzo giocano in casa (sono nati a Tor Bella Monaca e hanno pensato il film a 19 anni) e mettono in scena senza reticenze il male oscuro di un tempo  che ha trascinato per anni la propria agonia intellettuale e morale. 

Ed ecco padri disoccupati pieni di rabbia implosa (un memorabile Elio Germano) e madri inconsapevoli, ragazze madri (la magnifica Ileana D’Ambra), professori sadici (un enigmatico Lino Musella) e adolescenti silenziosi e in fuga dalla vita in un girotondo di morti viventi che annaspa dietro la facciata di una apparente normalità. 

Raccontate attraverso la voce fuori campo di un narratore beffardo che legge le pagine di un diario ritrovato e modificato (Max Tortora), le vicende di Favolacce sono la spia, inascoltata, di un mondo che ha preferito la maschera alla parola, il bisogno imposto al dialogo sincero. Col rumore delle terrificanti notizie che arrivano dai tg ad incorniciare la famigliola impassibile davanti allo schermo e la scoperta di una terribile verità farsi largo nelle stanze dei figli che ci vivono accanto

Una favola nera- così la definiscono i due autori romani- aperta da minacciose nuvole nere in avvicinamento e chiusa in una circolarità narrativa senza speranza che fa dell’orrore il comune denominatore. Tra pagelle impeccabili e cani da abbattere, bocconi di traverso e biscotti al cioccolato macchiati dal latte di un seno, masturbazioni in giardino e piscine infestate di pidocchi, pulsioni sessuali e malattie infettive da attaccare come un atto d’amore, Favolacce sembra un Brutti, sporchi e cattivi asciugato dal grottesco e infarcito di disperazione collettiva

Una condizione dalla quale vogliono fuggire volontariamente- a qualunque costo- i giovani. Drogati di consumismo e privati di ogni ideale eppure ancora capaci di un gesto rivoluzionario che metterà gli adulti finalmente spalle al muro di fronte alle proprie responsabilità.
Anche se ormai non si può più guarire e bisogna morire (come cantano le note del brano che accompagna i titoli di coda) in attesa che qualcuno (chi?) ricominci da zero. 

Analitico ed inesorabile, disturbante e sensoriale, ricco di dettagli rivelatori e interpretato da un cast in stato di grazia (le facce e gli sguardi di tutti i personaggi non si dimenticheranno a lungo) il secondo film dei fratelli D’Innocenzo passa in rassegna con occhio da entomologo (non a caso le formiche al lavoro si vedono ad inizio film) sadismo e indifferenza, oscenità, torpore collettivo e passatempi anestetizzanti in 98’ che conducono dritti all’inferno senza ritorno

Perché non basta far finta di essere altro o studiare senza capire per avere diritto ad esistere davvero. E quando la sconfitta dei padri ricade sui figli il ricambio generazionale è davvero impossibile. Peccato soltanto non poter vedere questo indimenticabile incubo ad occhi aperti in sala. All’uscita prevista per il 16 aprile si è dovuta sostituire la visione on demand (su Sky Primafila Premiere, TimVision, Chili, Google Play, Infinity, CG Digital e Rakuten Tv dall’11 maggio). 
E’ il primo film italiano d’autore a compiere questo passo visto il perdurare dell’emergenza sanitaria in atto ma speriamo che presto anche i fratelli D’Innocenzo possano ritrovare il grande schermo ovvero il luogo deputato e consacrato alla loro arte. 

On demand dall’11 maggio distribuito da Vision 

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http://www.visiondistribution.it

 
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