Una ricca cittadina del nord est: uomini ricchi ostentano pubbliche virtù ai tavolini del caffè- magari ingozzando avidamente un bombolone alla crema- mentre le eleganti signore bene si confidano preoccupazioni razziste e preparano una festa sotto il casco del parrucchiere.
Sembra di essere catapultati in una sorta di Signore e signori 2.0 all’inizio di Villetta con ospiti, il nuovo film di Ivano De Matteo. Ma l’atmosfera da commedia e l’analisi precisa di tipologie sociali lascia dopo metà film il campo ad un kammerspiel venato di noir che riunisce nell’appartamento del titolo un pugno di uomini e donne uniti da complicità collettive e scomodi segreti.
Coi personaggi che incarnano i sette vizi capitali in un crescendo di violenza verbale e nel quale nessuno è innocente. C’è un cadavere da far scomparire senza pagare colpe ed ecco all’opera, tra ricatti emotivi e sottili equilibri in gioco, un marito infedele (Marco Giallini), una moglie accidiosa (Michela Cescon), un prete che prega e bacia (Vinicio Marchioni), un poliziotto corrotto (Massimiliano Gallo) e un medico goloso (Bebo Storti, il migliore della compagnia).
Con una famiglia di rumeni (la madre è l’intensa Cristina Flutur di Oltre le colline) a reclamare impossibili diritti nel nostro Belpaese e a scompaginare le vite di uomini e donne in maschera. Abituato a mettere in scena il disagio esistenziale e a porre scomode domande allo spettatore, Ivano De Matteo (Gli equilibristi, I nostri ragazzi) passa in rassegna meschinità e bassezze morali in una pellicola che vorrebbe somigliare all’assai più complesso e articolato Capitale umano di Virzì.
Qui mancano però i veri colpi di scena e all’ottima preparazione dell’insieme non fa seguito un’adeguata struttura narrativa. C’è la cornice ma manca il quadro si direbbe di questo Villetta con ospiti che finisce per essere inutilmente metaforico (le sequenze degli animaletti del bosco) e programmatico (alla base c’è l’ossessione per la difesa personale e l’uso delle armi) per interessare davvero.
Così tra cacce al lupo e massicce dosi di tranquillanti, pistole e confessioni (Certe cose è meglio non dirle mai dice la Cescon al prete), impossibili redenzioni e una suocera arpia (l’ottima Erica Blanc) il film di De Matteo- strutturato in 24 ore, scritto come sempre dal regista romano con Valentina Ferlan e sostenuto da un andamento jazz al quale contribuiscono le belle musiche originali di Francesco Cerasi- offre spunti di riflessione e schegge di umanità degradata che vorrebbero ribaltare luoghi comuni e tendenze eversive alla moda ma che finiscono, proprio come i suoi protagonisti, nell’imbuto di una resa dei conti più scritta che vissuta sullo schermo.
In sala dal 30 gennaio distribuito da Academy Two