Chi la fa l’aspetti o giustizia è fatta. Qualunque morale vorrà trarne lo spettatore
L’inganno perfetto diretto da
Bill Condon, tratto dall’acclamato romanzo di
Nicholas Searle e presentato all’ultimo
Torino Film Festival, è una
pellicola che riserva grandi sorprese dall’inizio alla fine.
Thriller psicologico dai
richiami hitchcockiani sul fascino del male e sul lato oscuro della natura umana, intreccia mistero, crimine, passioni, menzogne e vede confrontarsi due mostri sacri del cinema e teatro britannici di una bravura da togliere il fiato:
Ian Mckellen il leggendario
Gandalf de
Il Signore degli anelli, qui alla sua quarta collaborazione con
Condon, ed
Helen Mirren, già
premio Oscar per
The Queen.
Roy Courtnay è un truffatore provetto e di lungo corso, che ha puntato
Betty una donna rimasta vedova da poco e molto ricca.
Fin dal loro primo incontro,
Roy inizia a manipolare
Betty con il suo collaudato modo di fare e la donna, che sembra alquanto affascinata da lui, lo asseconda.
Betty è una donna piuttosto dolce, non certo una forte o dura; è in cerca di un uomo con cui andare a cena fuori o a teatro ed ecco arrivare
Roy, che è divertente, coinvolgente e potrebbe essere esattamente quello che sta cercando. Infatti tra i due l’intesa è da subito buona.
Ma dietro alle maniere impeccabili di Roy e allo scintillio dei suoi occhi blu c’è uno schema spudorato per corteggiarla, sfruttare la sua apparente vulnerabilità e fuggire portandole via anche l’ultimo centesimo. Aiutato in questo da tale Vincent, suo compagno di frodi nel commercio già da lungo tempo.
Tuttavia, nonostante la fiducia di Roy nella sua raffinata abilità e nel ruolo che sta per svolgere, è possibile che questa donna non sia esattamente come la considera e quella che doveva essere l’ennesima truffa si trasforma in un gioco di inganni reciproci, alzandone notevolmente la posta.
Mckellen e Mirren in magica sintonia, invadono e conquistano la scena fin dalle prime battute, quando si incontrano in un bar si studiano e scrutano con curiosità.
Il film parte così in sordina, ma mentre la storia inizia a prendere corpo, la tensione monta piano piano, aleggia e pervade la narrazione in una continua aurea di mistero.
Poco a poco si svelano i retroscena della vita di Roy e le imperiture bugie di cui si compone mentre di Betty vediamo solo il presente, la sua ordinata villetta di periferia, il nipote protettivo che le sta vicino.
Ma in una storia di inganni tutti nascondono i propri scheletri nell’armadio e la sensazione che qualcosa stia succedendo nell’ombra e sul punto di esplodere è latente e tiene incollati alla poltrona.
Questo duello tra due grandi attori arricchisce i rispettivi ruoli di sfumature e stili personali. La sceneggiatura solida e corposa che sorregge il film fa il resto regalando colpi di scena inaspettati.
Tra i comprimari, troviamo Jim Carter, il maggiordomo Carson della popolarissima serie televisiva Downton Abbey, nel ruolo di Vincent compagno di truffe e il bravo Russell Tovey che è il nipote Stephen.