In una fredda e grigia mattina di gennaio alla periferia di Londra l’ottantenne Joan Stanley viene bruscamente arrestata dall’MI5 con l’infamante accusa di spionaggio e alto tradimento ai danni della Corona Britannica per aver consegnato ai Russi, durante la Seconda Guerra Mondiale, importanti segreti militari.
E’ l’incipit di Red Joan intrigante spy story che alterna amore e dramma, diretta dal regista Trevor Nunn e ispirata dal romanzo La Ragazza del KGB di Jeannie Rooney sulla controversa storia vera di Melita Norwood, una scienziata britannica che lavorò presso una struttura di ricerca sulla bomba atomica passando informazioni segrete all’Unione Sovietica.
Joan Stanley ha il volto e la forza espressiva di Judi Dench (leggendario il suo ruolo di M in sette film di James Bond) un’ attrice straordinaria la cui presenza sullo schermo è sempre una garanzia, mentre Sophie Cookson (Kingsman) riveste il ruolo, appassionato e credibile, di Joan da giovane.
La vicenda ruota intorno all’interrogatorio cui l’anziana scienziata viene sottoposta mentre un avvincente gioco di flashback ci riporta indietro nel tempo e nei ricordi di un periodo intenso della sua esistenza che va dal 1938 al 1947. Dapprima giovane studentessa di Cambridge dove conosce Leo Galich, affascinante studente ebreo di origine russa di cui si innamorerà perdutamente, che tenta di coinvolgerla insieme a sua cugina Sonya in un’associazione studentesca di stampo comunista.
Successivamente affermata donna di scienza (nei limiti che questo poteva significare all’epoca in cui la presenza femminile in certi settori era appena tollerata se non più spesso ridicolizzata) chiamata a collaborare con il professore Max Davies a un progetto top secret riguardante la realizzazione di una bomba atomica.
Vediamo Joan
resistere ai tentativi dei suoi amici comunisti di portarla dalla loro
parte per tradire i segreti del progetto a cui lei sta lavorando. Divisa
a metà tra una travolgente passione per il combattivo Leo (fuggito in
Canada ma che la donna ritroverà durante una missione) e l’amore
crescente per Max che per lei arriverà a lasciare la moglie.
Mentre il colloquio va avanti anche in presenza di suo figlio Nick, avvocato della Corte Suprema, accuse e smentite si susseguono finchè Joan sembra crollare sotto il peso della tensione, facendo così affiorare un imbarazzante segreto.
Supportato da una robusta struttura che corre su due linee temporali, il film appassiona e coinvolge emotivamente; in questo continuo rimpallo tra presente e passato vengono svelati poco a poco, come in una trama di un giallo tutti i retroscena di una vicenda articolata e complessa. Ma il cuore pulsante di tutta la storia è il dilemma morale sulla guerra nucleare che la giovane Joan si trova ad affrontare e che la porterà a compiere determinate azioni che nulla hanno a che fare con le opinioni politiche, come si potrebbe essere portati a credere.
Sconvolta e inorridita dalla tragedia di Hiroshima e Nagasaki, Joan verrà indotta a trasformarsi in spia non certo a causa dell’ideologia comunista a cui mai aderì malgrado l’amore per Leo, ma perché un orrore del genere non si ripetesse più.
Sebbene oggettivamente colpevole di altro tradimento nei confronti della Patria, quando nel momento clou di tutto il film, ascoltiamo le sue motivazioni in un’appassionata confessione: “Volevo che tutti condividessero le medesime conoscenze, unico modo per evitare un’altra guerra mondiale” e “Se entrambe le parti avessero avuto la bomba nessuno l’avrebbe usata” qualsiasi giudizio di condanna viene ribaltato nella consapevolezza che questa donna abbia invece agito davvero spinta da un nobile ideale di pace tra i popoli.
In sala dal 9 maggio 2019 distribuito da Vision Distribution e Cloud 9 Films
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