Un film che parte come un documentario alla ricerca delle proprie radici che pian piano diventa una sorta di inchiesta antropologico-etnografica attraverso il ‘viaggio di ritorno’ della protagonista, la vera Pia Marie Mann, una donna italo-americana di mezza età che dopo aver scoperto inaspettatamente le sue vere origini alla morte dei genitori, profondamente scossa e in preda ad una vera e propria crisi di identità, decide di intraprendere un viaggio sperando di poter riabbracciare la madre biologica mai conosciuta. In Montedoro, scritto e diretto da Antonello Faretta, la donna approda così in un piccolo e remoto paese dell’Italia del Sud, quello del titolo (in realtà è Craco, abbandonato nel 1963 dopo una terribile frana).
Davanti a lei uno scenario apocalittico: il paese, adagiato su una maestosa collina, è completamente abbandonato. Un paese fantasma in cui sembra non ci sia rimasto più nessuno ma dove, grazie all’incontro casuale con alcune misteriose persone, la protagonista compirà un affascinante e magico viaggio nel tempo e nella memoria ricongiungendosi con gli spettri di un passato sconosciuto ma che le appartiene (scoprirà che la madre naturale vi è rimasta fino alla morte auto confinata in una torre), è parte della sua saga familiare e di quella di un’antica e misteriosa comunità ormai estinta che rivivrà per un’ultima volta.
Faretta ci trasporta in un percorso dove scopriremo il fascino del passato, il mistero delle radici, le suggestioni della terra, le tradizioni millenarie, la religiosità antica, gli ancestrali rituali tra silenzio e immobilità, magia e mistero, suggestioni e riferimenti, sogno e veglia, sacro e profano, documentario e finzione, reale e surreale. “Un giorno, mentre viaggiavo nella mia regione – confessa l’autore, nato a Potenza -, mi sono ritrovato in un luogo abbandonato. Un paese diventato fantasma in seguito ad una grande frana cinquant’anni fa. E poi è arrivata una donna americana che cercava la madre in questa carcassa disgregata che un tempo era stata comunità".
"Questa donna cercava tra i fantasmi, tra i morti che giacciono sulla collina del paese. Mi sono convinto che dovevo restare là a spiare tra le crepe del paese e di questa donna. Forse là, tra le macerie di Montedoro, c’era anche la mia Patria”. Il tutto sostenuto da una ricerca visiva dove trovano posto vecchie immagini in bianco e nero, prima e dopo la frana, la partenza della bambina e l’arrivo a New York negli anni ’50, pellicola super8 e digitale, anche questo per sottolineare un mondo sospeso tra passato remoto e presente.
Nel cast Joe Capalbo, Caterina Pontrandolfo, Luciana Paolicelli, Domenico Brancale, Anna Di Dio, Mario Duca, Aurelio Donato Giordano e gli abitanti di Craco. Il direttore della fotografia è Giovanni Troilo, il montaggio è firmato Maria Fantastica Valmori e le musiche originali da Vadeco. Nelle sale italiane dal 15 aprile distribuito da Noeltan Srl
HANNO DETTO “Montedoro rende questo luogo indimenticabile e pone finalmente fine alla mia tentazione di fare un film a Craco” (Abbas Kiarostami) “Un film unico e raro, non ho mai visto nulla del genere” (Michelangelo Frammartino) “Un grande, grande film! Dopo averlo visto viene solo voglia di andare a vivere a Craco. Grazie per averlo realizzato, arriverà al cuore statene certi” (Simone Massi) “Montedoro è più d’un film: è un’avventura iniziatica, una sacra rappresentazione, una parabola lirica su quel cielo che si annida nelle crepe, nel magma, nella violenza della memoria” (Paolo Lagazzi) “Un film in bilico tra passato e presente, tra sogno e veglia che travalica qualsiasi codice e qualsiasi regola indicandoci la strada per il cinema del futuro” (Bruno Di Marino)
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