Squadra che vince non si cambia. Dopo il successo di pubblico e critica del 2022 con La stranezza, Roberto Andò riunisce ancora Toni Servillo e Ficarra e Picone alle prese stavolta non con Pirandello ma con la spedizione dei Mille nell’Italia del 1860.
Storia e immaginazione, avvenimenti reali e personaggi di fantasia popolano la nuova avventura del regista siciliano che in 135’ gira il suo western (la definizione è dello stesso regista) in una Sicilia di frontiera tra canzoni popolari e arie da romanzo picaresco.
Scritto da Andò con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, il film racconta del decisivo apporto alla spedizione di un manipolo di uomini che sotto il comando dello stravagante Colonnello Orsini (Un uomo libero al servizio della libertà dice di sé un regale Servillo che monta a cavallo e uccide con la sciabola), fu decisivo per ingannare i Borboni, comandati dallo svizzero dell’esercito regio Jean-Luc Von Mechel (Pascal Greggory) e sulle tracce di Garibaldi (Tommaso Ragno) nel frattempo in viaggio verso Palermo.
Una manovra diversiva, il primo abbaglio del titolo (ma non sarà l’unico) che permise a due anti eroi, Domenico Tricò (Ficarra) e Rosario Spitale (Picone) di cambiare il destino della Storia e riscattare il proprio di iniziali disertori. Sarà vera gloria?
L’amaro e bellissimo finale, con gli occhi di Servillo che ci catapultano vent’anni avanti e osservano quella bisca/bordello come fosse la metafora di un’Italia che non avremmo mai sognato e con la quale siamo costretti a fare i conti, oggi come ieri, rivela poi il sottile filo rosso passato/presente che lega tutto il film (Stiamo andando incontro ad un’epoca nella quale saranno gli imbonitori a fare opinione afferma Orsini) e che rende vividi personaggi storici e di fantasia.
Col contadino emigrato al Nord e ansioso di ricongiunsi con la moglie lasciata 10 anni prima e il truffatore di carte sordomuto di Ficarra e Picone sulla rotta del Sordi e del Gassman de La grande guerra seppure, naturalmente, con esiti artistici diversi.
Documentato ed accurato e (lode alla scenografia di Giada Calabria e ai costumi di Maria Rita Barbera), didattico e un po’ troppo schematico (le sorprese sono poche), L’abbaglio passa in rassegna illusioni e disillusioni in un tempo e in uno spazio sospesi dove tutto poteva ancora accadere.
Partite a carte con le suore e una badessa ladra (ma forse no…), la speranza di cambiare il mondo (Tenetevela stretta consiglia Orsini al giovane tenente Leonardo Maltese) e un caffè alla turca (Ha un potere divinatorio dice ancora Orsini), baroni e mafiosi che giocano alla rivoluzione (Dopo i Borboni ci toccherà cacciare anche loro afferma Orsini) e la questione meridionale (Il Continente promette e in quel posto poi te lo mette dice Picone) in un film che mette in scena l’onore e il rispetto mortificati attraverso battaglie, fughe e piani di vittoria.
Con Sambuca, il paesino all’interno dell’Isola nel quale si nascose la colonna di Orsini grazie al silenzio complice dei popolani all’arrivo delle truppe regie, che diventa avamposto di resistenza nel nome di un futuro libero. Va’ pensiero…
In sala dal 16 gennaio distribuito da 01