Schermo nero per qualche minuto con un’angosciante polifonia sonora (la composizione musicale è di Mica Levi) a fare da commento e ad immergere lo spettatore nello strazio umano dei campi di concentramento. Poi ecco un’allegra famigliola dirigersi verso una gita al fiume mentre gli uccellini cinguettano in una natura benevola e solare. Inizia così, con questo tragico contrasto visivo, La zona d’interesse il magnifico film di Jonathan Glazer (5 nomination ai prossimi Oscar e 3 premi Bafta appena vinti) col quale il regista e sceneggiatore britannico torna dietro la macchina da presa a 11 anni da Under the skin.
Percezione soggettiva contro realtà oggettiva e un piccolo cancello che divide l’orrore dalla banalità del male. Perché proprio accanto ad Auschwitz vive in una bucolica villa con piscina la famiglia di Rudolf Höss (Christian Friedel), il comandante del campo.
Moglie (la straordinaria Sandra Huller) e cinque figli, affettuoso in casa e spietato ed efficientissimo esecutore di ordini sul lavoro, è l’emblema della perdita di umanità di un film disturbante e raggelante (si pensa al miglior Haneke) che lavora per sottrazione visiva e immersione sonora tra particolari raccapriccianti (i vestiti degli ebrei appena bruciati e spartiti in casa da moglie e domestiche, i bambini che giocano coi denti d’oro delle vittime) e l’apparente e normale quotidianità della famiglia tedesca tutta festicciole e tè pomeridiani.
Così tra sogni di viaggi (la moglie vorrebbe evadere da quella dorata routine e tornare col marito in una spa italiana) e cespugli da curare, favole della buonanotte e camere a gas (impressionante il progetto del nuovo ritmo produttivo per l’eliminazione degli ebrei), rituali protettivi (il giro di notte del comandante che chiude a chiave tutte le porte di casa) e cambiamenti strutturali (Höss deve trasferirsi al campo di Oranienburg ma la moglie si rifiuta di seguirlo con la famiglia), La zona d’interesse- liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis- mostra l’orrore dietro le quinte raccogliendo il testimone di capolavori del genere come Schlinder’s list e Il pianista.
Mentre quei colpi di pistola e quegli echi di urla lontane non scalfiscono il benessere sordo e ignaro di chi non vuole vedere la realtà. Freddo, rigoroso e chiuso da un indimenticabile epilogo surreale che coniuga e collega passato e presente, il film di Grazer racconta una delle pagine più buie della storia del Novecento attraverso uno sguardo inedito e ancora più potente rispetto ai precedenti. Con quell’orrore, così lontano e così vicino, a farsi monito eterno per non dimenticare. Grand Prix speciale della Giuria all’ultimo Festival di Cannes.
In sala dal 22 febbario distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection