Monica (Alba Rohrwacher) cammina da sola in spiaggia e raccoglie granelli di sabbia che sfilano via dalla sua mano come la memoria che sta svanendo. Per ritrovare la strada di casa, che la porta verso il marito (Filippo Timi), ha bisogno di aiuto ma per fortuna c’è un’altra Monica, la Vitti, a venirle in soccorso. E’ l’attrice icona di una femminilità raccontata in tutte le sue forme e che attraverso le sequenze dei suoi film invita quella donna fragile e vulnerabile ad entrare nel suo mondo.
E’ un film di fantasmi e frammenti del passato Mi fanno male i capelli (il titolo cita la famosa battuta della Vitti in Deserto rosso di Antonioni), col quale Roberta Torre conferma il suo eclettismo e la sua voglia di sperimentare.
Identificazione di una donna, verrebbe da dire citando un altro titolo del regista ferrarese. Con la protagonista del film che a poco a poco veste- letteralmente- i panni della grande attrice cancellando quella sottile parete fatta di luce e fotogramma che separa il sogno dalla realtà.
Mentre il marito, che nasconde un passato di tradimenti e difficoltà finanziarie (è la parte meno riuscita del film) è chiamato a partecipare per amore a quel teatrino immaginario (E’ l’unico gioco nel quale la vedo felice) nel quale può persino diventare Marcello Mastroianni. Perché in fondo fare spazio nella nostra testa, svuotare la memoria è forse la chiave d’accesso per la rinascita emotiva (Ricordare? E’ più importante dimenticare, la vita sarebbe un inferno… dice alla coppia lo specialista).
Ho l’impressione di scordarmi ogni giorno qualcosa dice la Vitti ne La notte passando alla Monica di Mi fanno male i capelli il testimone di una staffetta nel quale tempo e spazio si ricongiungono. Con la Torre che inserisce sequenze d’epoca (La notte, L’eclisse, Dramma della gelosia, A mezzanotte va la ronda del piacere, Le coppie, Teresa la ladra, Polvere di stelle tra gli altri) ricreando sul set una miracolosa mimetica cinematografica per uso di luci, costumi, fotografia e riprese (per la sequenza di Deserto rosso la Torre riproduce fedelmente immagini e sonoro girati in Technicolor).
Brilla di luce propria la stella cometa artistica della meravigliosa Monica della Rohrawacher che non imita la sua musa ma ne riflette magicamente stati d’animo, sguardi e movenze appropiandosi di sentimenti e bisogni interiori.
Presentato in concorso alla Festa di Roma e scritto dalla stessa regista, Mi fanno male i capelli è un film affascinante e coraggioso, evocativo e struggente (bellissimo il finale con i mille volti della Vitti osservati dalla Rohrawacher nel cinema deserto) che ci interroga sul senso del tempo e sule eredità artistiche.
Bellissime e di grande suggestione le musiche originali firmate da Shigeru Umebayashi (il compositore di In the mood for love di Wong Kar-wai). Tra alterazioni della mente (la sindrome di Korsakoff), colori da sfoggiare (L’azzurro ci dona dice Monica alla Vitti riflessa davanti allo specchio) e rappresentazioni immaginarie (Non bisogna conoscersi per volersi bene), un film di presenze parallele e scatole cinesi che allontana lo spettro della semplice rievocazione finendo per somigliare ad un viaggio sensoriale che trascende passato, presente e futuro.
Peccato soltanto per il doppiaggio improvviso di Alberto Sordi, che dopo aver dialogato con la protagonista nella sua voce originale, si trasforma per qualche battuta nella voce di un imitatore che stona col contesto e rende all’istante tutto improvvisamente falso.
In sala dal 20 ottobre distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection