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martedì 11 aprile 2023
di Claudio Fontanini
Passeggeri della notte
Uno struggente e vitale ritratto familiare nella Parigi degli anni 80
Un vero e proprio inno alla sensibilità, artistica ed umana, raccontato attraverso la crescita di una famiglia allargata che si specchia nel dolore e nella consapevolezza della perdita per ritrovare una nuova forma di unione. 

Passato in concorso al Festival di Berlino 2022, I passeggeri della notte del parigino Mikhaël Hers (Quel giorno d’estate) procede per piccoli gesti, spostamenti del cuore e avvenimenti apparentemente insignificanti che alla fine fanno da collante ad una storia di ricordi,  possibilità e fantasmi evocati ed ingombranti (l’ex marito della protagonista che non appare mai sullo schermo). 

Si comincia con la storica elezione di Mitterand il 10 maggio dell’81, tra cortei di auto in festa e rose rosse regalate in strada per finire, 7 anni dopo, con un trasloco da una vecchia casa che segna il passaggio alla stagione della maturità. 

Per una madre separata (Charlotte Gainsbourg) alla ricerca del primo lavoro della sua vita, per i suoi due figli adolescenti (un maschio, l’ottimo Quito Rajon Ritcher, sognatore e aspirante poeta e una femmina, Megan Northam, politicizzata e autonoma) e per l’ospite inattesa, la diciottenne Talulah (Noée Abita), vagabonda senza radici che fluttua sul mondo e troverà sotto quel tetto un provvisorio rifugio affettivo. 

Bisogna sentire le cose e la verità. L’invito della conduttrice radiofonica di un programma confidenziale notturno (Emanuelle Beart) farà da stella cometa a quella madre che si crede incapace in tutto e che troverà il suo habitat naturale negli studi di quell’emittente. Mentre i figli crescono, le relazioni di una notte deludono le attese e una sala cinematografica può essere per qualcuno il posto migliore del mondo (Qui ci si dimentica di tutto... dice Talulah che entra di nascosto per vedere Le notti della luna piena di Rohmer). 

Non saranno tutte rose e fiori tra abbandoni e ritorni, crisi d’astinenza, confessioni intime (E’ irregolare e fragile come te dice ad Elisabeth, mentre le accarezza il seno deturpato dal tumore, Hugo, l’uomo che la corteggia in biblioteca) e prese di coscienza (Non posso esserti amico o un surrogato di fratello: io ti amo dice Matthias a Talulah in una sequenza da brivido). 

Mentre caso, coincidenza e destino si danno la mano in un film prezioso, struggente (l’abbraccio catartico collettivo sulle note di Et si tu n’existeis pas di Joe Dassin) e vitale. Con le belle musiche originali d’atmosfera di Anton Sanko ad impreziosire questo ritratto familiare che miscela a meraviglia 16 e 35mm, filmini super 8 anni ’60 (meraviglioso il finale) e documenti d’epoca (c’è anche Jacques Rivette passeggero in metro da un lavoro di Claire Denis). 

Con quella casa nel complesso residenziale del XV° Arrondissement parigino a fare da testimone e a custodire segreti da tramandare in eredità (il vecchio diario della madre, la scultura della Dea della fertilità). Perché non possiamo essere ciò che siamo senza sapere ciò che eravamo. Da vedere.      


In sala dal 13 aprile distribuito da Wanted 

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