La palestra di una scuola media di provincia (interamente ricreata a Cinecittà) come un’aula di tribunale in una guerra di parole nella quale si affrontano i genitori di tre alunni e la preside dell’Istituto (Giovanna Mezzogiorno) che li ha convocati per comunicazioni urgenti.
In difesa dei figli, accusati di aver aggredito e violentato una loro coetanea, ecco un ricco e sbrigativo compratore e venditore d’immobili (Claudio Santamaria) con la sua amante (Raffaella Rea), madre di un’altra ragazzino coinvolto, e una coppia di onesti lavoratori (Sergio Rubini e Angela Finocchiaro) con cagnolino al seguito.
Aperto dall’arrivo dei genitori con una panoramica dall’aria western che plana sulla palestra, Educazione fisica di Stefano Cipani vuol essere una sorta di Carnage de’ noantri che cita il cinema classico procedurale (La parola ai giurati) ma finisce soffocato da una verbosità alla quale difetta la dialettica degli opposti.
Sin troppo conciliante e complice quel terzetto genitoriale che tenta in tutti i modi di respingere le accuse della preside (spunta persino un video del fattaccio). Non bastano così le differenze caratteriali a dare sostanza e spessore ad un tema così importante e specchio di un tempo nel quale contano più le apparenze che la sostanza.
Con la ragazzina stuprata che, come nei film americani, passa da vittima ad accusata e il prezzo del silenzio quantificato in 50.000 euro. Mentre nel confronto verbale si tarano vite e si fa fronte comune tra orribili congetture e accendini che spariscono.
Presentato alla Festa di Roma nella sezione Gran Public con soggetto e sceneggiatura firmati dai fratelli D’Innocenzo, il secondo lungometraggio di Cipani- tratto da La palestra, l’opera teatrale di Giorgio Scianna- non bissa i felici esiti di Mio fratello rincorre i dinosauri, il suo delicato, colorato e commovente esordio alla regia del 2019.
Qui invece prevalgono i luoghi comuni e a personaggi più portatori di messaggi che di autenticità non regalano anima e sangue le interpretazioni di un gruppetto di attori poco amalgamati e fuori parte (la Finocchiaro tutta smorfie e mossette e la Mezzogiorno che recita senza naturalezza). Peccato ma forse, ricordando un titolo del grande Troisi, stavolta era davvero meglio ricominciare da tre.
In sala dal 6 marzo distribuito da 01