Quattro aspiranti suicidi, un angelo del bene disposto a tutto per salvarli e la possibilità, per una settimana, di scoprire come potrebbe essere il mondo senza di loro. Adattamento dell’omonimo romanzo del 2018 (edito da Einaudi) scritto dallo stesso regista, Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese affronta la possibilità della rinascita, fisica e spirituale, di un pugno di personaggi, né morti né vivi, alle prese con dolori, sensi di colpa e fallimenti esistenziali.
Un leader motivazionale (Valerio Mastandrea sulla scia del Tom Cruise di Magnolia) che sprona gli altri ma non è più in grado di aiutare se stresso, una poliziotta dal passato tormentato (Margherita Buy), una ex ginnasta eterna seconda finita sulla sedia a rotelle dopo una caduta (Sara Serraiocco) e un adolescente sovrappeso (Gabriele Cristini) sfruttato dai genitori come fenomeno del web.
Ad apparire improvvisamente a questi uomini e donne sospesi nel tempo ecco un raccattatore di anime (Toni Servillo) che forse ne conosce già il percorso avendolo percorso tempo prima.
Dovrà riuscire nell’intento di tornare a farli innamorare di nuovo della vita attraverso una serie di incontri e prospettive rovesciate che forse daranno il loro frutto. Almeno per chi non è uguale a lui.
Metafisico ed astratto, almeno nelle intenzioni, il nuovo film di Genovese (ambientato a Roma rispetto alla New York del libro e scritto a otto mani dal regista di Perfetti sconosciuti con Paolo Costella, Rolando Ravello e Isabella Aguilar) mette in campo una serie di interrogativi filosofici (Si può morire due volte? Come dare un senso al dolore senza dimenticare chi abbiamo amato?) tra libero arbitrio e nostalgia di felicità che purtroppo non si fa mai cinema vissuto.
Catatonico per movimenti e stile di recitazione (non bastano la bella confezione e qualche insistita ripresa dall’alto a dare apertura al film), Il primo giorno della mia vita passa così in rassegna le vicissitudini di uomini e donne- unici e allo stesso tempo sostituibili- che scopriranno il valore della relatività.
Tra musica jazz e Se mi lasci non vale di Julio Iglesias, giochi di ruolo nella vecchia Volvo e voglie di caffè al profumo di rinascita, barboni che fanno gli addominali e un vecchio cinema abbandonato che proietta il futuro dei quattro suicidi, il film di Genovese è infarcito di predicozzi retorici e moralismi piuttosto che di dialoghi di vita vissuta in un corto circuito emotivo che finisce per annoiare più che per spingere all’immedesimazione.
Un po’ come succedeva in The Place (2017) dello stesso Genovese- dove allo stesso tavolo di un ristorante compariva un uomo misterioso pronto ad esaudire i desideri di otto visitatori in cambio dello svolgimento di un compito- e del quale questo Il primo giorno della mia vita sembra quasi l’altra faccia.
In sala dal 26 gennaio distribuito da Medusa