La vita e la morte che si sfiorano, il dolore e la speranza che si danno il testimone in una storia di perdizione e rinascita che non si dimentica. Con Un bel mattino, Mia Hansen-Love torna finalmente a girare nella sua Parigi con la complicità di una straordinaria Léa Seydoux mai così intensa.
Scritto dalla regista de Il padre dei miei figli e Le cose che verranno (sceneggiatura ispirata alla reale malattia del padre), Un bel mattino- presentato a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs- racconta di Sandra, madre single che lavora come interprete e dibattuta tra la perdita di memoria dell’anziano genitore (inizio agghiacciante davanti alla porta di casa che il padre apre a stento) e il nuovo incontro con un vecchio amico sposato (Melvil Poupaud) che si trasforma in una relazione appassionata.
Mai farsi compatire dice la bisnonna in un dialogo del film, quasi una dichiarazione programmatica d’intenti stilistici per un film che sprizza realismo e vita vissuta da ogni fotogramma e che spinge alle lacrime senza ricorso a trucchi ed artifici retorici (qui si punta su ellissi, gesti e sguardi che parlano più di mille parole).
Ho l’impressione che per me sia finita l’epoca dell’amore confessa ad inizio film Léa Seydoux, capelli corti, dimessa e spogliata della sua carica seducente. Un compagno morto da cinque anni, i bisogni della figlia e quelli del padre- un ex insegnate di filosofia che ha dedicato la sua vita al pensiero- da soddisfare in una sorta di auto annullamento esistenziale al quale Clément, cosmochimico gentile e premuroso, ridarà nuovo impulso.
E così qualcosa (ri)nasce mentre altro muore definitivamente tra commemorazioni e stelle cadenti, libri da mettere in ordine (la scena più bella e toccante del film con la ex allieva del padre che aiuta la figlia) e sonate di Schubert troppo dolorose da ascoltare, promesse di eutanasia e messaggi ricevuti sul bus che allargano il cuore (immensa Seydoux in bilico tra il riso e il pianto).
Mentre quel padre (Pascal Greggory) passa di ricovero in ricovero e il film della Hansen-Love- che parla anche della trasmissione della cultura da una generazione all’altra- non risparmia dettagli e particolari così autentici (quella vecchina che sbaglia continuamente stanza, la canzone al centro anziani) da straziare l’anima.
Con gli appunti del padre (Barlumi di una malattia rara) a far da bussola esistenziale a quella figlia smarrita ma decisa a rivedere la luce del sole. Magari affacciata davanti al Sacro Cuore con vista su una nuova vita. Da non perdere.
In sala distribuito dal 12 gennaio distribuito da Teodora