Due romanzi, due film, una città. A 27 anni di distanza da L’amore molesto (dal libro di Elena Ferrante) Mario Martone torna in concorso a Cannes e sulle strade della sua città con Nostalgia (soggetto e sceneggiatura del regista con Ippolita di Majo dal libro di Ermanno Rea).
Aperto da una citazione di Pier Paolo Pasolini (La conoscenza è nella nostalgia, chi non si è perso non ne possiede) e quasi tutto sulle spalle di un personaggio e di un quartiere labirinto nel quale perdersi, e forse ritrovarsi (il rione Sanità), il nuovo film del regista partenopeo mette in scena una resa dei conti personale di un uomo fuggito dalla sua città da adolescente e tornato 40 anni dopo come uno straniero.
Ed ecco Felice Lasco (un Pierfrancesco Favino straniante e malinconico che parla uno strano linguaggio arabeggiante più simile all’effetto comico stile D’Artagnan nei Tre moschettieri che credibile) ripresentarsi in città dal Cairo dove lavora e ha lasciato una moglie per accudire l’anziana madre agli ultimi giorni di vita (Aurora Quattrocchi).
Tra passeggiate solitarie e ricordi che affiorano, un prete anti camorra (Francesco Di Leva) e un vecchio signore che lo riconosce (Avrei voluto adottarti gli confida Nello Mascia) le giornate napoletane di quell’uomo che vaga tra passato e presente scorrono nell’attesa- e nel coraggio- di rincontrare il vecchio amico d’infanzia diventato negli anni ‘o Malommo (Tommaso Ragno), il boss del quartiere che mette le armi in mano ai ragazzini e spaccia droga.
Non solo fughe verso il mare con la Gilera rossa ma anche- e soprattutto- scippi e rapine condivisi e un delitto rimasto senza colpevoli. Con Felice che riassapora a poco a poco i sapori e gli odori di una volta (l’odore delle polpette di mamma come la madeleine proustiana) e si convince che forse il suo futuro è ancora lì.
Ma il passato non esiste (lo dice il boss) e tra minacce e avvertimenti- con Martone che qua e là prende la strada di un poco convincente mistery partenopeo- Nostalgia rivela tutta la sua crudeltà in un coraggioso finale che è la cosa migliore di questo film d’atmosfere e reiterazioni.
Con qualche sequenza emozionante (il bagno alla madre di Felice che la spoglia con cura mentre lei piange e si vergogna) e molti momenti di cinema del reale dall’effetto più documentaristico che sentito. Tra cronaca nera, affetti e una dialettica interiore ed esteriore che non sempre trova il suo compimento narrativo ed estetico, Nostalgia finisce per teorizzare più che stupire, esporre più che ammaliare.
Non mancano stereotipi e didascalie che allontanano il nuovo film di Martone da quel sensuale e febbrile capolavoro pluripremiato del 1995. Con le donne assenti o relegate sullo sfondo (un paio di sbrigative telefonate raccontano della moglie egiziana) e quella passeggiata nelle catacombe (Se li tratti bene i morti ti aiutano) a tracciare il sentiero di un nuovo cammino. Forse impossibile.
In sala dal 25 maggio distribuito da Medusa