Quattro fenomeni da baraccone, un circo bombardato nella Roma occupata del ’43, la forza dei sogni e un regista alle prese con un budget smisurato per il nostro cinema (12 milioni di euro) e con smanie di grandezza.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità: il motto di Spider man fotografa al meglio ambizioni e riuscita di un film atteso da un anno (l’uscita pre Covid era prevista per ottobre 2020) e che mette alla prova più impegnativa- la seconda- il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot (2015). Ed ecco da un soggetto originale di Nicola Guaglianone (autore dello script con lo stesso Mainetti) una storia che tenta di miscelare commedia all’italiana ed effetti speciali stile Marvel, avventure picaresche e romanzo di formazione.
Imprese memorabili e stupefacenti (almeno così promette- rivolgendosi direttamente in macchina- Israel, l’impresario ebreo del Circo Mezza Piotta interpretato al meglio da Giorgio Tirabassi e che scompare sin troppo presto dal film) nelle quali l’immaginazione diventa realtà e niente è come sembra.
Immersi nella tragedia di una guerra che trasforma i migliori in peggiori ecco un uomo lupo dalla forza sovrumana (Claudio Santamaria, irriconoscibile dietro una montagna di peli), un domatore di insetti albino (Pietro Castellitto), una calamita umana che attira ogni oggetto di metallo (Giancarlo Martini) e una ragazzina elettrica (l’ottima Aurora Giovinazzo).
Orfani e vagabondi di una vita che li ha relegati alla diversità questi Fantastici quattro de’ noantri si metteranno sulle tracce dello scomparso Israel che ha rubato loro (o forse no) i soldi per il viaggio in America e finendo per trovare una nuova scrittura nel fantasmagorico Zirkus Berlin dove un altro freak che suona il pianoforte divinamente con sei dita per ogni mano (Franz Rogowski) e ‘vede’ il futuro è a caccia di uomini e donne dotati di superpoteri per scongiurare la caduta del Terzo Reich.
Tra rastrellamenti e lucciole nel barattolo, tigri in gabbia e doni che diventano maledizioni, visioni lisergiche (nella scena più bella del film il nazista in trance ascolta lo squillo di un cellulare) e una banda di partigiani storpi capeggiata da Max Mazzotta in versione Flavio Bucci nel Marchese del Grillo.
Spettacolare e magniloquente, il film di Mainetti si ‘accontenta’ però della forma riducendo la sostanza a ben poca cosa. Una narrazione che sembra un pretesto per lo sfogo degli effetti speciali, inutili lungaggini (140’ sembrano davvero un’eternità) e psicologie azzerate o quasi di personaggi che non riscaldano mai il cuore fanno di questo Freaks out- in concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia- un’occasione colta solo a metà da chi, già nel finale di Jeeg Robot, aveva sperimentato il proprio talento action.
Restano la magnifica confezione (lodi alla scenografia di Massimiliano Sturiale) e il tentativo- coraggioso- di giocare con la metastoria come Tarantino in Bastardi senza gloria, il vero modello di riferimento di questi freaks con poca anima.
In sala dal 28 ottobre distribuito da 01