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lunedì 3 maggio 2021
di Claudio Fontanini
RIFKIN’S FESTIVAL
Un inno al potere dell’arte nel nuovo film di Woody Allen
In America, dopo le accuse della figlia adottiva ribadite dalla docu serie di HBO, gli hanno fatto terra bruciata intorno e il film potrebbe non uscire mai. Peggio per loro, verrebbe da dire dopo aver visto Rifkin’s Festival, l’ennesimo gioiellino della filmografia di Woody Allen. Una crepuscolare e nostalgica autobiografia mascherata sul senso della vita.
In America, dopo le accuse della figlia adottiva ribadite dalla docu- serie di HBO, gli hanno fatto terra bruciata intorno e il film potrebbe non uscire mai. Peggio per loro, verrebbe da dire dopo aver visto Rifkin’s Festival, l’ennesimo gioiellino della filmografia di Woody Allen

Crepuscolare, nostalgica e autobiografica, l’ultima delizia di un signore che a 85 anni miscela a meraviglia leggerezza di tocco e profondità di sentimenti, ha il sapore di una madeleine proustiana imbevuta nell’immaginario cinematografico. 

Ambientato e presentato nel 2020 a San Sebastian, Rifkin’s Festival segue le vicende di Mort Rifkin (uno straordinario Wallace Shown che aveva già lavorato con Allen dai tempi di Radio Days), ipocondriaco e nevrotico ex professore di cinema newyorkese in trasferta spagnola al seguito della moglie Sue (Gina Gershon), sexy e annoiata addetta stampa di un giovane e vanesio regista (Louis Garrell) col quale flirta e sogna una bollente avventura.

E anche se i Festival non sono più quelli di una volta ecco cene di gala e improbabili interviste (Gli orgasmi nel film sono veri o sono effetti speciali? chiede una giornalista), tacos di piombo, drink (L’alcool non fa bene ma a volte è l’unica soluzione) e film sottotitolati (E’ il mio unico peccato confessa Mort) mentre quell’omino disilluso - che vorrebbe scrivere il suo primo romanzo ma è ossessionato dall’essere ampolloso- inizia a sognare i capolavori del cinema in bianco e nero e a farsi domande sul senso della vita. 

Per le risposte arriva in soccorso una splendida dottoressa spagnola (Elena Anaja) alle prese con un secondo matrimonio fallito (lui è Sergi López nei panni di un pittore impetuoso e donnaiolo) e la voglia di condividere segreti e passioni. Inizia da qui un vero e proprio sogno d’amore (questo ad occhi aperti) tra due personaggi in cerca di autenticità e vibrazioni. 

Divisi dall’età ma uniti dall’arte e dalla bellezza sapranno scacciare i sentimenti di morte e andare incontro alla voglia di rinnovamento accettando di riprendere in mano i propri destini nel nome di Sisifo. Con l’alter ego di Woody (Sai cambiare la gomma di un’auto? No ma so scrivere a macchina…) che passa in rassegna i grandi maestri del cinema europeo immaginandosi protagonista di sequenze buffe e oniriche che citano 8 1/2 e Quarto potere, Jules e Jim e Fino all’ultimo respiro, L’angelo sterminatore, Persona e Il settimo sigillo (Nei panni della morte che gioca a scacchi c’è un irresistibile Christoph Waltz che consiglia Mort di mangiare frutta e verdura e fare una colonscopia per tenerlo lontano…) mentre si fa largo la convinzione di abbandonare la corsa al dover essere

Meglio se in due naturalmente (Se arriva la persona giusta è più facile prendere le decisioni difficili) ma quello che conta è la nuova presa di coscienza che forse non tutto è perduto e che un fotogramma può ancora cambiare, e cambiarci, la vita. Perché questo Rifkin’s Festival dietro l’apparente divertimento (non manca il consueto fuoco di fila di battute fulminee su religione, sesso e politica) parla di vite in ostaggio, incontri inaspettati e modernità soffocante in un gioco di specchi che si rivela un vero e proprio antidolorifico estetico all’osceno cambiamento di senso del nostro tempo (Qualunque film parli di realtà oggi è considerato arte). 

Tra Nouvelle vague e menagè a trois, passeggiate al mercatino e regali mai ricevuti (Ho sempre sognato uno spazzolino elettrico… confessa Mort), Allen accompagna per mano lo spettatore al Festival della vita in un girotondo culturale e sentimentale che si fa un po’ programmato nella seconda parte ma di sicura resa (magnifica la fotografia di Vittorio Storaro). 
Per vederlo bisognerà sedersi solo sulle poltrone di un cinema. Rimpicciolire questo film sarebbe stato un delitto. 



Dal 6 maggio in sala distribuito da Vision


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