Gruppo di famiglia in un inferno. Quello borghese descritto da Alberto Moravia ne Gli indifferenti- il suo primo romanzo scritto a 18 anni nel 1925- ed ora attualizzato nella nuova versione cinematografica diretta da Leonardo Guerra Seràgnoli dopo quella del ’64 di Francesco Maselli con protagonisti Rod Steiger e Claudia Cardinale.
Liberamente ispirato a quel testo (occhio al finale, molto diverso per forma e sostanza) il terzo lungometraggio del regista romano (autore anche dello script con Alessandro Vitali) racconta il disfacimento- morale ed economico- di una classe che preferisce le convenzioni alle verità, le meschinità e le ipocrisie agli slanci sinceri.
Con una vedova nullafacente (Valeria Bruni Tedeschi) assediata dai debiti e in procinto di affidare la sua bella casa (l’unico bene rimasto) al suo amante Leo (un Edoardo Pesce trattenuto) che la mantiene da tre anni con mire tutt’altro che amorevoli. Se ne accorgeranno Michele (Vincenzo Crea) e Carla (l’ottima Beatrice Grannò, una giovane Miriam Leone per sorrisi e sensualità), i figli della donna, che tenteranno di opporsi agli intrallazzi di quel traffichino che recita a meraviglia nel teatro delle apparenze.
Tra vecchie bambole da accudire e pasticci da cucinare, compleanni da festeggiare e scosse di assestamento, tuffi dal trampolino, nuove professioni (Non è un regalo ma un investimento dice Leo consegnando un kit da giochi virtuali a Carla che vorrebbe diventare una gamer professionista) e pianti trattenuti (lode alla Tedeschi nella scena più riuscita del film dopo l’amplesso con Leo) il film di Guerra Seràgnoli tratteggia più un sentimento che una condizione, quasi che l’ispirazione fosse La noia piuttosto che Gli indifferenti.
E’ noto che i due romanzi siano collegati ma qui certi dialoghi e alcune situazioni scontano la trasposizione ai giorni nostri (Respirate col naso, ho una gran voglia di fare ordine e dare l’esempio dice Leo al discorso alla festa ma il fascismo oggi non è al potere) finendo per rendere l’insieme più inerte che consapevole.
Un balletto di fantasmi in maschera che sopravvive nella reclusione di una casa diventata prigione tentando l’impossibile: il cambiamento radicale di prospettive e identità. Tra sguardi allucinati o trasognati e inutili sottolineature (il viaggio in autobus della Bruni Tedeschi per provare l’effetto della povertà) si compie così il destino di una condizione immutabile alla quale nemmeno i giovani possono, e alla fine vogliono, dare rimedio.
Nel cast, nel ruolo dell’amica di Carla e amante segreta del figlio, Giovanna Mezzogiorno, quasi un riflesso della Bruni Tedeschi per stile di recitazione e bisogni emotivi.
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