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giovedì 10 settembre 2020
di Claudio Fontanini
Non odiare
L’esordio alla regia di Mauro Mancini con un grande Alessandro Gassmann
L’eredità del male, il seme dell’odio razziale e un non luogo mitteleuropeo in un film che punta tutto sui corpi, i silenzi e gli sguardi più che sulla narrazione classica. Unico italiano in concorso alla Settimana della Critica alla Mostra di Venezia, Non odiare è il coraggioso debutto dietro la macchina da presa di Mauro Mancini

Si comincia con un crudo rito di passaggio tra padre e figlio che segnerà la vita di Simone Segre (un Alessandro Gassmann mai così bravo). Affermato chirurgo di origine ebraica, l’uomo si è costruito negli anni una corazza esteriore che lo porta a vivere in solitudine nella sua casa elegante e sin troppo ordinata. Refrattario alle emozioni e distante da quel padre ingombrante con un passato nei campi di concentramento, Simone assiste ad un incidente stradale dal basso (bella scena) mentre è intento nella sua seduta di allenamento in canoa. 

C’è un uomo ferito quasi mortalmente da un pirata della strada ma al chirurgo- arrivato in soccorso- basta scorgere una svastica sul petto per decidere di non operare e lasciarlo al suo destino. Saranno i sensi di colpa successivi alla notizia della suo decesso a portarlo sulle tracce della sua famiglia composta da tre figli: la 27enne Marica (Sara Serraiocco specializzata in personaggi dolenti) che sbarca il lunario tra pulizie domestiche e lavori notturni al supermercato, Marcello (Luka Zunic), l’adolescente inquieto e violento instradato verso il nazifascismo e il piccolo Paolo (Lorenzo Buonora) timido e spaesato. 

E così in quella lussuosa e fredda casa senza famiglia arriverà a lavorare proprio Marica dopo i pedinamenti di Simone che intende riabilitare coscienza e sensi di colpa. Inizia così un lento avvicinamento psicologico tra i due che finirà per mettere il chirurgo di nuovo di fronte ad una scelta morale ed etica più che politica. 

Scritto dal regista con Davide Lisino e ispirato da un fatto di cronaca avvenuto nel 2010 a Paderborn, in Germania, Non odiare riflette il malessere sociale e le derive autoritarie del nostro tempo senza enfasi e colpi bassi. 

Tra tatuaggi e marchi sulla pelle, attacchi di panico e metafore animalesche (quel cane rabbioso che finisce per ammansirsi), palestre neonaziste e bangla tour (vengono i brividi a vedere il film dopo fatto di cronaca di Willy Monteiro a Colleferro), Mancini mette in scena il disagio e il distanziamento sociale (non quello da mscherine…) che produce rabbia e dolore. Un dolore che si propaga nel tempo (perché questo è anche, e soprattutto, un film sulle colpe dei padri che ricadono sui figli) e spesso si tramuta in voglia di vendetta più che di perdono. 

Onesto intellettualmente (Mancini non giudica mai i suoi personaggi) e un po’ schematico soprattutto nella seconda parte (con l’arrivo del debitore aguzzino  che sembra più funzionale alla trama che necessario), Non odiare regala un bel colpo di scena in sottofinale (occhio al bambino sulla tomba paterna) che lascia presagire poco spazio all’ottimismo. 

Lode, come detto, alla magnifica interpretazione di un Alessandro Gassmann quintessenziale ma capace di regalare allo spettatore squarci implosi di dolente umanità e all’ambientazione. 
Girato a Trieste (magnifica la sequenza dell’antica sinagoga utilizzata per la prima volta al cinema) Non odiare è un film dal respiro internazionale che si stacca nettamente dalla media del vorrei ma non posso di tanto cinema italiano. 

In sala dal 10 settembre distribuito da Notorious             


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