Due amici di vecchia dati che si ritrovano per la malattia di uno di loro, un cane dallo sguardo perduto e un bilancio esistenziale che tenta di esorcizzare l’inevitabile. Remake italiano dello splendido Truman (il pluripremiato film spagnolo del 2015 diretto da Cesc Gay coi superlativi Ricardo Durin e Javier Cámara) Domani è un altro giorno mantiene la struttura di gran parte di quei dialoghi trasportando l’azione a Roma.
Giuliano (Marco Giallini) attore teatrale stanco di lottare contro il cancro ai polmoni che lo affligge da un anno e deciso a sospendere le cure, riceve la visita a sorpresa di Tommaso (Valerio Mastandrea), insegnante di robotica trasferitosi da tempo in Canada e ansioso di passare con lui i prossimi quattro giorni per dirgli addio.
Vita ed affetti, ricordi e complicità riaffiorano in quella rimpatriata sentimentale che esplora l’animo umano e le sue contraddizioni.
Tra slanci di generosità e atti di coraggio, telefonate notturne e confessioni sul divano, partite a scacchi e prove di adozione (c’è da trovare una nuova famiglia a Pato, il bovaro bernese che Giuliano considera come un figlio), libri in regalo e passeggiate verso il futuro. brindisi alle pastarelle e trasferte spagnole, il film di Simone Spada vorrebbe strizzare l’occhio alla miglior commedia all’italiana, quella nella quale i sorrisi si trasformano in lacrime e viceversa ma qualcosa non va.
Scritto da Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, Domani è un altro giorno (la vecchia canzone della Vanoni è ottimamente reinterpretata da Noemi nella bella sequenza finale) cita Oscar Wilde (Se un amico non mi invita al suo compleanno non importa, ma se non condivide con me un grande dolore allora mi offendo dice Renato Scarpa nei panni del Direttore del teatro dove si esibisce Guliano) e cerca di scherzare con la morte senza edulcorarla ma verismo e naturalezza vengono spesso meno.
Colpa di due attori col freno a mano tirato e penalizzati da una recitazione meccanica e sincopata che ne frena gli slanci. Più attenti a eseguire il compitino che a mettere anima e sangue nei rispettivi ruoli, Giallini e Mastandrea dimostrano quello che avrebbe potuto essere il film nella sequenza di soli sguardi e interrogativi a mezza bocca pronunciati nella hall dell’albergo in sottofinale.
Non mancano sequenze riuscite (il prezzo al ribasso trattato per l’acquisto della bara su tutte) e momenti di commozione ma alla fine il tutto risulta sin troppo meccanico, prevedibile e privo di quel calore umano che emanava l’originale. Con l’aggiunta di qualche fastidiosa tirata retorica e filosofeggiante che appesantisce l’insieme e l’andamento.
In sala dal 28 febbraio distribuito da Medusa