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domenica 17 febbraio 2019
di Claudio Fontanini
Parlami di te
Un grande Luchini in una commedia sulla ricostruzione che convince a metà
Uno scorbutico manager industriale che lavora senza sosta nel settore automobilistico (Mi riposerò quando sarò morto! dice ad inizio film) viene colpito da un ictus proprio mentre sta per lanciare la sua nuova creatura. La rieducazione non sarà facile. Alain (uno straordinario Fabrice Luchini) confonde parole e sillabe e la memoria vacilla. 

Di lui si occuperà una logopedista adottata e in cerca del proprio passato (Leïla Bekhti) e la giovane figlia (Rebecca Marden) che prima d’ora,per parlargli, doveva farsi ricevere in ufficio nei ritagli di tempo. Commedia sulla ricostruzione tratta da J’etiais un homme pressé, il romanzo autobiografico di Christian Streiff, Parlami di te di Harvé Mimran invita a ripartire da zero in un viaggio alla ricerca di nuove connessioni emotive e  (ri)scoperta di se stessi che non sempre trova il tono giusto del racconto. 

Tra ambizioni smisurate e gare di eloquenza, affettuose complicità e cani al guinzaglio, sequenze di Casablanca e romantiche corse a due sullo skateboard (a fare la corte alla logopedista c’è uno strampalato infermiere), autisti dal cuore d’oro e licenziamenti in tronco, il film si regge quasi interamente sulle spalle (robuste) del grande Luchini che qui gioca con un linguaggio inventato al servizio della consueta espressività capace di emozionare al solo sguardo. 

Peccato però che la sceneggiatura- firmata dalla stessa Mimran- preferisca alleggerire piuttosto che affondare i colpi mantenendosi nella zona del ridanciano Quasi amici (2011) piuttosto che del problematico Quasi nemici (2017) di Yvan Attal al quale rimanda nella prima parte. Tanto che alla fine quel viaggio in solitaria a Compostela sul sentiero di Santiago risulta poco credibile e troppo favolistico con salvataggio di cerbiatto annesso. 

E così questo Parlami di te diventa un’occasione colta a metà, con quel capitano d’industria incapace di dire grazie e rieducato alla vita che risulta alla fine un po’ artificioso ed edulcorato se non indossasse i panni di un Fabrice Luchini che vale da solo il prezzo del biglietto. In colonna sonora un gustoso mix con Bob Dylan, Cat Stevens ed Harry Nilsson a rievocare i sogni perduti e la musica strumentale del gruppo texano dei Balmorhea

In sala dal 21 febbraio distribuito da Bim


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