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venerdì 8 febbraio 2019
di José de Arcangelo
Il professore cambia scuola
Un anno scolastico in una scuola della banlieu parigina tra disillusioni e riscatto
Arriva nei cinema italiani la riuscita opera prima Il professore cambia scuola (Les grands esprits, 2017), sceneggiata e diretta da Olivier Ayache-Vidal, con protagonista Denis Podalydès della Comédie Française, assecondato da veri studenti.

Il professore François Foucault (un grande Podalydès) insegna nel più prestigioso liceo della Parigi bene, l’Enrico IV. Per far colpo su una funzionaria ministeriale lancia una malaugurata teoria e finisce per un anno nella più disagiata scuola delle banlieue, ovviamente multietnica. Una realtà che tenta di dominare con i suoi metodi completamente inadeguati e fallimentari. Finché non capisce che deve ribaltare il suo punto di vista da severo e irremovibile insegnante. E, attraverso l’empatia e la comprensione, il maturo François riesce a far breccia sui ragazzi e il suo ruolo d’insegnante riuscirà ad affermarsi e a fare di lui un nuovo ‘capitano, mio capitano’. 

Alla fine dell’anno scolastico, tra successi, sconfitte, momenti bui e felicità, i suoi allievi sono cambiati e lui di più. Quindi, vince la sfida in cui era stato incastrato grazie alla sua infelice proposta.
Il cinema francese si è sempre occupato di tematiche scolastiche, didattiche ed educative in modo serio e critico, (sui toni della commedia), dal capolavoro Zero in condotta di Jean Vigo (1933) a La classe di Laurent Cantet (2008) e, persino in ambiente universitario, Quasi nemici – L’importante è avere ragione di Yvan Attal (2017), mentre da noi le commedie del genere sono spesso mirate su adolescenti e primi amori, ad eccezione de La scuola di Daniele Luchetti, tratto dal libro di Domenico Starnone

Non sono un professore – ha detto il regista a Romae affronto un argomento che il cinema francese racconta spesso. Sono stato sempre interessato all’educazione, al settore dell’istruzione scolastica, alle questioni relative alla pedagogia e all’uguaglianza di opportunità all’interno del sistema educativo. Sono stato, quindi, portato naturalmente a lavorare su un soggetto che affrontasse questi temi. E in seguito, ho sentito il desiderio di raccontare lo scontro tra due mondi, due realtà sociali”.

Ayache-Vidal ha fatto però una full immersion in una classe per quasi due anni, dopo aver visitato tanti istituti tecnici e professionali, incontrato insegnanti e associazioni e, alla fine, ha scelto anche gli interpreti tra gli allievi.
Mi sono reso conto – aggiunge – che i problemi più importanti per gli studenti erano relativi alle scuole superiori come cerniera tra l’infanzia e l’età adulta. E’ durante questi quattro anni che avviene una mutazione, si forma il carattere e prende il via un orientamento personale e professionale”.

L’atto d’accusa – conclude - però è contro lo Stato che non affronta l’educazione in maniera adeguata, e la maggior parte dei professori mi ha detto di riconoscersi abbastanza nel ruolo. Io non punto il dito contro nessuno, ci sono quelli che si adattano e altri no”.

Il lavoro di sceneggiatura è stato lungo e complesso (15 stesure), ma è stato prezioso perché studenti e insegnanti si rivelano esseri umani con i difetti e le virtù del caso, liberi  da cliché, ma non del tutto da una certa retorica (soprattutto nel doppio finale), ma serve a sostenere la tesi del cambiamento e lasciare una porta aperta alla speranza, dato che la scuola in Francia è molto più rigida che da noi, infatti ci sono 17.000 studenti espulsi in un anno, mentre in Italia il fenomeno viene sostituito dall’abbandono volontario e dall’incapacità della scuola di tenerli. 

Una riflessione sul mondo della scuola, tra rassegnazione e speranza, ignoranza e coinvolgimento, pregiudizio e fiducia, studio e conoscenza, cultura e integrazione. Non a caso, il professore cita Victor Hugo: Una mente che non legge dimagrisce, come un corpo che non mangia.


Nelle sale italiane dal 7 febbraio distribuito da PFA Films ed Emme Cinematografica


 
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