Torna un Robert Zemeckis in grande forma con un Steve Carell in stato di grazia per raccontare una storia vera ovvero le vite parallele di Hogancamp, un (anti) eroe di tutti i giorni catapultato in un’esistenza senza ricordi. Un dramma psicologico sulle ali della fantasia, della mente che sostituisce il dolore trovando rifugio nella creatività e nella fantasia, appunto, per ritrovare la memoria (da adulto) perduta.
Anche quando Zemeckis è stato accusato di aver tentato di ‘normalizzare’ la vicenda con una storia d’amore etero, comunque platonica e credibile.
Mark Hogancamp (Carell), per superare il dolore della perdita e recuperare la memoria, mette in scena nel prato di casa le gesta di un suo alter ego, Hogie, in un fittizio villaggio belga, durante la Seconda Guerra Mondiale (il prologo può far pensare ai meno informati ad un film d’animazione).
Hogie è un pilota americano in lotta contro i nazisti e protetto dalle donne di Marwen, che sono poi la trasfigurazione delle donne che hanno quotidianamente aiutato Mark durante la sua terapia.
Infatti, egli è reduce da un brutale pestaggio di natura omofoba e da una lunga ma insufficiente riabilitazione, tanto da aver perso sia la memoria sia la capacità di disegnare.
Rielabora la tragedia fotografando le scene che crea nel giardino, con bambole di donne eleganti: Capitano Topf / Louis (Falk Hentschel), Carlala (Eiza Gonzales), Suzette (Leslie Zemeckis), Wendy (Stefanie von Pfetten), GI Julie (Janelle Monàe), Robert (Merritt Wever), e figure di soldati. Ma quando arriva una nuova vicina, Nicol (Leslie Mann), Mark cerca di raddrizzare la propria vita e di liberarsi dalla dipendenza dagli antidolorifici. Però dovrà tornare nel suo mondo di fantasia per poter sopravvivere.
Zemeckis sempre a suo agio con storie che fondono realtà e fantasia, animazione e attori in carne e ossa (da Chi ha incastrato Roger Rabbit? alla trilogia di Ritorno al futuro e Forrest Gump), riesce ad ottenere il giusto equilibrio fra i due mondi conquistando lo spettatore con entrambi, e a dirci che non solo l’amore ma anche la fantasia (e le donne) riescano a farci superare il dolore, ma anche aiutarci a sopravvivere in una società-mondo sempre più ostile e violenta che, forse, proprio le donne sono destinate a salvare.
Toccante e inquietante, dolce e perverso, infantile e maturo, fra tacchi a spillo e nazisti (di ieri e di oggi), dipendenza e ossessione, Benvenuti a Marwen è, ovviamente, tecnicamente ineccepibile, visto che sfoggia ottimi effetti speciali digitali senza che lo spettatore riesca ad accorgersene del tutto. E a segnare il passaggio tra un mondo e l’altro c’è sempre la DeLorean, quella di Ritorno al futuro.
Nelle sale italiane dal 10 gennaio distribuito da Universal International Pictures Italia