Il castello di vetro di Destin Daniel Cretton è il classico melodramma familiare ispirato alla storia vera della giornalista Jeannette Walls, raccontata nel romanzo best-seller omonimo.
Ma la sua è una famiglia eccentrica, resiliente (affronta eventi traumatici in maniera positiva) e affiatata, storia di un amore (odio) incondizionato. Andando avanti e indietro nel tempo racconta la vita di una giovane donna (Brie Larson, premio Oscar per Room) che, ispirata dalla natura anticonformista e ribelle del suo problematico padre (Woody Harrelson) – che rinnega e sfugge le istituzioni e le regole sociali -, trova la determinazione di costruirsi una vita di successo, seguendo le proprie regole lontana dal genitore.
Una sorta di fiaba dark, molto cinematografica, che racconta una vita vissuta tra macchine e baracche, promesse non mantenute e bisogni repressi, sempre in fuga, fino ai vertici dell’editoria di New York.
Sceneggiato dal regista e da Andrew Lanham, The Glass Castle (titolo originale), come nel libro, svela il segreto che la giornalista aveva custodito a lungo sulla sua giovinezza: un’infanzia particolarmente oscura, fatta di povertà, catastrofi, atti di ribellione e reclusione dalla società. Però è soprattutto la storia di una famiglia particolare, disfunzionale, che ha comunque qualcosa in comune con tutte le altre, dai conflitti alle avventure, dai sentimenti alle sorprese, dalla luce accecante alle tenebre del mondo.
Questa è la magia della narrazione – afferma Jeannette Wells - se una persona riesce a trovare il coraggio di raccontare il proprio vissuto, allora ciò consentirà ad altre persone di essere oneste. E’ molto importante fare i conti con il proprio passato, e spero che la mia storia incoraggi le altre persone a ripercorrere la loro”.
Questa è una storia così personale per Jeannette – ribatte il regista -, quando l’ho letta, è diventata incredibilmente personale anche per me. La mia infanzia non è stata pazzesca come la sua, ma mi sono ritrovato molto nella sua scoperta dell’amore e delle sue molte sfaccettature e al modo in cui ogni famiglia può vivere momenti belli e anche momenti difficili e spaventosi. Sembrava reale, accessibile e così catartica. E’ una di quelle storie che ti fanno sentire più connesso con il mondo e meno solo.
Peccato che Cretton (già autore dei premiati I am not a Hipster e Short Term 12) si dilunghi per oltre due ore, in modo convenzionale, rischiando di trascurare l’attenzione dello spettatore e di sprecare una storia davvero interessante, senza evitare una certa retorica che pervade i drammi familiari di stampo hollywoodiano.
Nelle sale italiane dal 6 dicembre distribuito da Notorious Pictures