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mercoledì 31 ottobre 2018
di Claudio Fontanini
FIRST MAN- IL PRIMO UOMO
Lo sbarco sulla luna del ’69 nel dolente film di Chazelle con Gosling nei panni di Armstrong
Un viaggio verso la luna e dentro se stessi, la corsa allo spazio, un dramma familiare da superare oltre i confini del conosciuto.
Primo uomo a mettere piede sulla luna il 20 luglio 1969, Neil Armstrong rivive sullo schermo in First man- Il primo uomo, il nuovo film di Damien Chazelle presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia come film d’apertura
Un viaggio verso la luna e dentro se stessi, la corsa allo spazio, un dramma familiare da superare oltre i confini del conosciuto. Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità. Primo uomo a mettere piede sulla luna il 20 luglio 1969, Neil Armstrong rivive sullo schermo in First manIl primo uomo, il nuovo film di Damien Chazelle presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia come film d’apertura. 

Poteva cullarsi sugli allori di La la land (tre Oscar, tra cui quello alla regia) e invece Chazelle cambia decisamente direzione portandoci in volo attraverso la storia di un astronauta che fa rima con sopravvissuto più che con eroe. Aperto da una folgorante sequenza nella quale allo spettatore sembra di essere fisicamente in una navicella spaziale con la stessa che rimbalza sull’atmosfera (sonoro da Oscar), Il primo uomo si tiene mirabilmente alla larga da retorica e patriottismo incentrando la sceneggiatura (di Josh Singer, dal libro di James R.Hansen) sul versante umanista più che su quello spettacolare. 

Ed ecco un uomo ombroso e taciturno segnato da un lutto inconsolabile (la morte della figlioletta malata di tumore) alle prese con una missione piena di rischi e pericoli (non si poteva prevedere la consistenza della superficie lunare e se il carburante sarebbe bastato per soli 45 secondi dopo l’allunaggio) e nella quale, tra tentativi falliti e insuccessi, quella bandiera piantata alla fine sembra il segnale di un nuovo inizio personale più che di una conquista nazionale

Si comincia dal ’61 con Armstrong che al ritorno in patria dalla Corea (era pilota di guerra e si salvò gettandosi eiettandosi in volo) entra nella Nasa nel progetto Gemini per le sue spiccate nozioni meccaniche e la sua passione per l’ingegneristica (Perché vuoi andare sulla luna? gli chiede l’esaminatore. Perché da lì cambia la prospettiva). E di punti di vista e ottiche diverse parla infatti il film di Chazelle (Quando guardiamo il cielo da qui non ce ne rendiamo conto, ma l’esplorazione dello spazio ci consente di vedere cose che avremmo dovuto vedere tempo fa dice il direttore della Nasa) che esplora la dimensione intima di Armstrong in quello che diventa un film sull’isolamento, umano e professionale, di un personaggio fuori dal tempo chiamato alla prova di coraggio più grande: l’elaborazione del lutto in una sorta di Interstellar alla rovescia. 

Col mondo là fuori che reclama i suoi diritti (la comunità nera protesta per i fondi investiti nelle missioni, i bianchi per la guerra in Vietman) mentre, tra test e ricerche nel decennio di spedizioni ed esperimenti che precedono l’impresa (Dobbiamo fallire quassù per non fallire lassù), molti colleghi muoiono e la famiglia (lode a Claire Foy nei panni della moglie) non lenisce il dolore. 
Con Chazelle che parla spesso in codice (tra orbite translunari, fisica del razzo e variazioni di rotta in alcuni momenti serve la laurea in ingegneria spaziale…) e rinuncia deliberatamente al pathos in un film preciso ed autentico, essenziale ed ostico

Con la temperatura che sale più nelle sequenze domestiche (magnifico e doloroso il saluto di Armstrong al figlio, obbligato dalla moglie, la notte prima della partenza dell’Apolllo 11) che in quelle delle esercitazioni spaziali (la più riuscita è quella della macchina da stabilizzare prima della perdita dei sensi). 
Perché Il primo uomo incarna sulla pelle di Armstrong (un enigmatico e dolente Ryan Gosling) un sogno di normalità più che quello di una vita straordinaria.            
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