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giovedì 31 maggio 2018
di José de Arcangelo
Caina
Il dramma dell’immigrazione clandestina nel primo lungometraggio di Stefano Amatucci
Reduce dal successo negli Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Spagna, Australia, Argentina, Uruguay, Estonia e Portogallo, approda nelle sale italiane- in una sorta di uscita evento in tour- l’opera prima cinematografica del regista televisivo Stefano Amatucci (da Un posto al sole a La Squadra), Caina, liberamente ispirata al romanzo omonimo di Davide Morganti.

Un dramma metaforico sulla ferocia femminile e sull’immigrazione, clandestina e non, incentrato su Caina (l’attrice Luisa Amatucci, sorella del regista e interprete di Un posto al sole), appunto, animo xenofobo, violento e con un odio viscerale per tutto ciò che non appartiene alla sua lingua, alla sua razza e soprattutto alla sua religione: incarna infatti i luoghi comuni e le paure di chi ha una rozza visione dell’Islam. E’ stata una killer su commissione, uccideva con freddezza e agiva con disprezzo, specializzata nell’uccidere extracomunitari.

Ora lei passa le sue notti in spiaggia dove fa la trovacadaveri: raccoglie tutti i corpi annegati degli extracomunitari che dall’Africa cercano di arrivare in Italia e che il mare riversa sulla rive. Sente i morti parlare, avere paura, lamentarsi, ne ascolta angosce, sofferenze e delusioni. E i cadaveri vengono accorpati sciolti nel cemento in un centro di smaltimento statale.

Caina guadagna 15 euro al lordo, su ogni annegato. Nahiri (il francese Helmi Dridi), tunisino, è un trovacadaveri  abusivo. Insieme a un gruppo di immigrati clandestini, per sopravvivere, va in giro rubando dalle rive i cadaveri di altri simili, vendendoli sottobanco al centro grazie alla connivenza della sua dirigente, l’anziana e perfida signora Ziviello (Isa Danieli). La merce è difficile da recuperare, così gli abusivi decidono di annegare quelli che arrivano vivi. Nahiri non ci sta e abbandona il gruppo offrendosi di lavorare per Caina, sottomettendosi. Tra i due, che si scrutano diffidenti e si annusano come belve, si scatena una guerra di civiltà con la costante paura di essere ‘derubati’ dagli altri.

L’idea del film – racconta Amatuccinacque nel 2009, la sceneggiatura nel 2010. Una notizia di cronaca mi colpì molto: la preoccupazione di un sindaco perché gli sbarchi avrebbero rovinato la stagione estiva. Nessuna percezione della tragedia umana. All’epoca, l’immigrazione non era un argomento che interessava particolarmente all’opinione pubblica e ai media. Io cominciai ad approfondirlo e in breve tempo mi si è aperto un mondo: l’Italia e l’Europa erano sedute su un serbatoio esplosivo e non bisognava essere particolarmente geniali per intuirlo. Poi lessi Caina di Davide Morganti, mi folgorò soprattutto la protagonista del romanzo: la vedevo esistere realmente, intorno a me, per strada, nei negozi, in tv, sui social.

Infatti, l’immigrazione, il razzismo e la xenofobia sono diventati grossi problemi, scatenando in certi casi la famigerata guerra fra poveri. E non a caso la protagonista afferma che non ho mai avuto madre né figli, perché la donna dà la vita e, raramente, la toglie.
Film coraggioso,indipendente e low budget che – non a caso - solo nel 2016 ha trovato un produttore disposto a realizzarlo, Caina è un dramma cupo e duro, spietato e sconvolgente che invita alla riflessione sull’argomento e sul lato oscuro dell’uomo (e della donna). E perché, come dice l’autore, narra una storia forte, il ritratto di una donna distante emotivamente, che non si lega a nessuna morale.

Nelle sale italiane dal 28 maggio (Roma) distribuito da Movieland


 
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