Reduce dal successo negli Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Spagna, Australia, Argentina, Uruguay, Estonia e Portogallo, approda nelle sale italiane- in una sorta di uscita evento in tour- l’opera prima cinematografica del regista televisivo Stefano Amatucci (da Un posto al sole a La Squadra), Caina, liberamente ispirata al romanzo omonimo di Davide Morganti.
Un dramma metaforico sulla ferocia femminile e sull’immigrazione, clandestina e non, incentrato su Caina (l’attrice Luisa Amatucci, sorella del regista e interprete di Un posto al sole), appunto, animo xenofobo, violento e con un odio viscerale per tutto ciò che non appartiene alla sua lingua, alla sua razza e soprattutto alla sua religione: incarna infatti i luoghi comuni e le paure di chi ha una rozza visione dell’Islam. E’ stata una killer su commissione, uccideva con freddezza e agiva con disprezzo, specializzata nell’uccidere extracomunitari.
Ora lei passa le sue notti in spiaggia dove fa la trovacadaveri: raccoglie tutti i corpi annegati degli extracomunitari che dall’Africa cercano di arrivare in Italia e che il mare riversa sulla rive. Sente i morti parlare, avere paura, lamentarsi, ne ascolta angosce, sofferenze e delusioni. E i cadaveri vengono accorpati sciolti nel cemento in un centro di smaltimento statale.
Caina guadagna 15 euro al lordo, su ogni annegato. Nahiri (il francese Helmi Dridi), tunisino, è un trovacadaveri abusivo. Insieme a un gruppo di immigrati clandestini, per sopravvivere, va in giro rubando dalle rive i cadaveri di altri simili, vendendoli sottobanco al centro grazie alla connivenza della sua dirigente, l’anziana e perfida signora Ziviello (Isa Danieli). La merce è difficile da recuperare, così gli abusivi decidono di annegare quelli che arrivano vivi. Nahiri non ci sta e abbandona il gruppo offrendosi di lavorare per Caina, sottomettendosi. Tra i due, che si scrutano diffidenti e si annusano come belve, si scatena una guerra di civiltà con la costante paura di essere ‘derubati’ dagli altri.
L’idea del film – racconta Amatucci – nacque nel 2009, la sceneggiatura nel 2010. Una notizia di cronaca mi colpì molto: la preoccupazione di un sindaco perché gli sbarchi avrebbero rovinato la stagione estiva. Nessuna percezione della tragedia umana. All’epoca, l’immigrazione non era un argomento che interessava particolarmente all’opinione pubblica e ai media. Io cominciai ad approfondirlo e in breve tempo mi si è aperto un mondo: l’Italia e l’Europa erano sedute su un serbatoio esplosivo e non bisognava essere particolarmente geniali per intuirlo. Poi lessi Caina di Davide Morganti, mi folgorò soprattutto la protagonista del romanzo: la vedevo esistere realmente, intorno a me, per strada, nei negozi, in tv, sui social.
Infatti, l’immigrazione, il razzismo e la xenofobia sono diventati grossi problemi, scatenando in certi casi la famigerata guerra fra poveri. E non a caso la protagonista afferma che non ho mai avuto madre né figli, perché la donna dà la vita e, raramente, la toglie.
Film coraggioso,indipendente e low budget che – non a caso - solo nel 2016 ha trovato un produttore disposto a realizzarlo, Caina è un dramma cupo e duro, spietato e sconvolgente che invita alla riflessione sull’argomento e sul lato oscuro dell’uomo (e della donna). E perché, come dice l’autore, narra una storia forte, il ritratto di una donna distante emotivamente, che non si lega a nessuna morale.
Nelle sale italiane dal 28 maggio (Roma) distribuito da Movieland