Un dramma on the road, urbano e sui toni della commedia dolce-amara, della regista palestinese Annemarie Jacir che attraverso un invito al matrimonio (il titolo vuol dire proprio questo che, secondo tradizione va consegnato personalmente dal padre della sposa) mostra contraddizioni e tradizioni, sottomissione ed esilio, sentimenti e conflitti e traccia un emozionante quadro di Nazareth, la città che in occidente, forse, conosciamo meno.
Wajib – Invito al matrimonio – candidato all’Oscar per la Palestina e premiato a Locarno - narra l’incontro-scontro, anzi il confronto tra un padre e un figlio, fra antiche usanze e visione moderna di una realtà complessa e complicata. Shadi (Saled Bakri) è un giovane palestinese che risiede a Roma, lavorando come architetto.
Torna nella città natale di Nazareth, a poche settimane dal Natale, allo scopo di aiutare il padre a consegnare gli inviti di nozze della sorella Amal.
Secondo un’antica tradizione della Palestina settentrionale – dove palestinesi e israeliani convivono apparentemente in pace - quando qualcuno si sposa, gli uomini della famiglia sono tenuti a consegnare personalmente le partecipazioni a ciascun invitato. Il padre Abu Shadi (Mohammad Bakri, padre di Saled nella realtà ed entrambi attivi anche in Italia) è un uomo molto stimato, un insegnante di scuola che ha cresciuto due figli da solo dopo la fuga della moglie in America con un altro uomo.
Shadi gli è molto affezionato ma, al tempo stesso, non ne condivide né ideali, né scelte . Nel loro spostarsi di casa in casa per la consegna degli inviti, emergono a poco a poco i dettagli della loro diversa visione della vita e del mondo. Il senso di adattamento del padre, consapevole e un po’ rassegnato ai rapporti di forza che governano la quotidianità di un territorio occupato, si scontra con l’impetuosità del figlio trentenne, animato da sentimenti di ribellione e di resistenza. E, infatti, sarà l’intenzione del padre di consegnare l’invito a un israeliano, Robbie, una sorta di capo-controllore nella scuola del padre, a far scoppiare discussione e conflitto tra genitore e figlio.
La Bacir usa il tono leggero, mai esasperato, per raccontare contrasti e punti di vista diversi, quel tocco femminile che istiga al dialogo anziché alla guerra – familiare o politica che sia – per raccontare una società divisa fra sogno (l’Italia viene scambiata spesso per l’America riguardo l’auto-esilio di Shadi, soprattutto dagli anziani) e realtà sociale.
Nelle sale dal 19 aprile distribuito da Satine Film