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martedì 6 marzo 2018
di Claudio Fontanini
NOME DI DONNA
Marco Tullio Giordana dirige il primo film italiano sulle molestie sessuali
Con "Nome di donna" arriva al cinema il primo film italiano sulle molestie sessuali e su quella diffusa (sotto)cultura maschilista che, sottile e subdola, offende ed umilia senza rispetto. In un paese che solo nel 1996 ha considerato lo stupro reato contro la persona e non più contro la morale, la storia diretta da Marco Tullio Giordana
Un progetto nato tre anni fa dalla penna della giornalista Cristiana Mainardi (anche Direttore creativo e responsabile dello sviluppo della casa di produzione Lumière & Co.) con l’intento di guardare alla condizione femminile nel mondo del lavoro e studiarne pretese e diritti in difesa della propria dignità. 
Con Nome di donna arriva al cinema il primo film italiano sulle molestie sessuali e su quella diffusa (sotto)cultura maschilista che, sottile e subdola, offende ed umilia senza rispetto. In un paese che solo nel 1996 ha considerato lo stupro reato contro la persona e non più contro la morale (e sulle molestie dà appena 6 mesi di tempo alla vittima per poter denunciare), la storia diretta da Marco Tullio Giordana mette al centro la voglia di non accettare il ruolo di vittima predestinata della donna e il suo diritto a ribellarsi. 

Una scelta che comporta spesso solitudine e sofferenza. Come quella di Nina (Cristiana Capotondi), ragazza madre di un piccolo paese della Lombardia che trova lavoro come cameriera in una residenza per facoltosi anziani bisognosi di cure. 
Assunta dopo qualche mese di prova, sarà costretta a subire le esplicite avances del suo direttore (un ottimo Valerio Binasco), uno che ha comprato il silenzio di tutte le sue colleghe (italiane e straniere) che convoca in divisa nel suo ufficio e delle quali si approfitta regalando promozioni e favori. 
Non andrà così per Nina che dopo essersi consultata col suo fidanzato (Stefano Scandaletti) decide di portare in tribunale quel viscido datore di lavoro. 

Da qui un’appassionata battaglia legale nella quale entreranno sindacati ed avvocati (Michela Cescon), polveroni politici  e ricatti travestiti da consigli (un magnifico Bebo Storti, prete e capo del personale che mette la misericordia in cassaforte), danni collaterali (la giovane figlia del Direttore conosce la verità)  testimoni e prove da ricercare con ogni mezzo, in una sorta di legal thriller che peraltro è la parte meno convincente di questo film asettico ed essenziale. 
Sospeso in quella zona d’ombra tra la paura di esporsi e il desiderio inconscio di tirasi indietro, il film di Giordana dà il meglio di se nella prima ora. Con la sua protagonista che misura la propria soglia di tolleranza al sopruso ed è chiamata allo scatto decisivo in vista della battaglia legale (Prima di combattere gli uomini dobbiamo cambiare la nostra mentalità le dice la sindacalista che la invita a denunciare). 

Perché le molestie sessuali (Una volta li chiamavano complimenti…dice serafica una meravigliosa Adriana Asti nei panni di una vecchia attrice, ospite della struttura, che si rifiuta di recitare) non sono altro che la punta dell’iceberg di una guerra di potere combattuta nel nome di una prevaricazione esasperata in tempi di precarietà e fragilità economica. 
Con numeri da capogiro (l’indagine Istat svolta nel 2015/16 rivela che un milione e mezzo di donne ha subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul luogo di lavoro) che invitano alla riflessione e sbattono in faccia l’urgenza della problematica.

Un ammutinamento morale che implica coraggio e perseveranza e che, come nel finale del film (sulle note di Natural woman, perché?) indica che la strada da percorrere è ancora lunghissima. 
Meritorio per tematiche, didascalico e mai furente (Giordana si tiene alla larga dalla denuncia militante), Nome di donna è un film a metà che promette molto e mantiene poco. Colpa di un dibattimento processuale confuso e poco credibile che smorza la tensione (non siamo in un film americano) e disperde un bel potenziale.
         
Nelle sale dall’8 marzo distribuito da Videa

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