Una grande famiglia intenta a festeggiare le nozze d’oro dei nonni (Stefania Sandrelli e Ivano Marescotti) e un’isola che con la sua natura burrascosa si fa metafora di esistenze costrette a fare i conti col proprio passato.
Se credete che la famiglia sia un nido di vipere e che dietro i sorrisi affettuosi e le pacche sulle spalle si nascondano ipocrisie e gelosie, A casa tutti bene, fa al caso vostro. Per il suo ritorno in patria dopo la lunga parentesi americana, Gabriele Muccino mette in scena infatti un variegato gruppo di parenti serpenti intenti a recitare parti destinate a sgretolarsi di fronte a rivelazioni ed eventi non troppo inaspettati.
Figli (Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi e Sabrina Impacciatore), generi (Giampaolo Morelli) e nuore, ex mogli (Valeria Solarino), cugini vicini e lontani, un’anziana zia (Sandra Milo) e nipoti adolescenti che parlano come grandi saggi: tutti convocati sulla terrazza di Ischia per una sorta di rendez-vous affettivo che si risolverà in un bagno di sangue emotivo nel quale vittime e carnefici si scambiano i ruoli.
C’è chi si dimena tra una moglie petulante e aggressiva (Carolina Crescentini) e un’amante che lo reclama a Parigi, chi è in cerca di soldi e lavoro (Giulia Michelini incinta di un Gianmarco Tognazzi sbeffeggiato sulla scia del padre Ugo di Io la conoscevo bene), chi s’innamora di una cugina (Accorsi ed Elena Cucci, tutti e due col sorriso stampato in faccia per tutto il film) e chi è malato di Alzheimer (un ottimo Massimo Ghini) e convive con una compagna (Claudia Gerini) stanca di sacrificarsi per lui.
Inquietudini, tradimenti, paure e bisogni nascosti si danno la mano in 105’ in puro stile Muccino. Straparlato e accompagnato dalle musiche onnipresenti di Nicola Piovani, A casa tutti bene (titolo provocatorio) sembra un film di Simona Izzo girato a meraviglia.
Scritto dallo stesso Muccino con Paolo Costella e la collaborazione alla sceneggiatura di Sabrina Impacciatore, il nuovo film del regista romano ha il difetto di rivelare sempre troppo ed esplicitare senza sfumature.
Per questa famiglia disfunzionale ci volevano maggiori zone d’ombra e non detti da riempire e invece qui si punta forte su un’esteriorità di sentimenti che finisce per ricattare gli animi e annullare la sincerità.
E così dopo un inizio nel quale si fa fatica a relazionare personaggi e parentele (il primo quarto d’ora è tutto un salutarsi e presentarsi), il film di Muccino passa in rassegna vite stagnanti e barzellette che non fanno ridere (ancora Berlusconi…), massime filosofiche (Il bene si dimostra la fiducia si conquista, Le vite normali non esistono, I veri romantici hanno più famiglie perché non si rassegnano alla fine dell’amore) e suonate al pianoforte (gli amanti di Cocciante ringraziano), fughe notturne vero l’isola che non c’è e sensi di colpa finendo dritto nella retorica imperante del vorrei ma non posso che a forza di urla e litigi cerca di conciliare tradizione e modernità (Per essere felici c’è ancora tempo dice l voce fuori campo della Sandrelli che pasteggia a vino rosso col marito dopo la burrascosa resa dei conti finale degli ospiti).
Non basta muovere bene la macchina da presa e avere a disposizione un ottimo cast per rendere autentici sapori ed umori.
In sala dal 14 febbraio distribuito da O1