Due cervi leggiadri si scrutano e si annusano in una foresta innevata, bevono l’acqua dal ruscello e fanno l’amore. Se i sogni sono lo specchio della nostra anima, quello che condividono tutte le notti Mária e Endre evidenzia bisogni e inibizioni che hanno a che fare con un presente di vuota solitudine piuttosto che con le traumatiche esperienze passate.
Eppure quei due non si conoscono e si frequentano appena. Lui (con un braccio paralizzato) è il Direttore amministrativo di un mattatoio industriale, lei la nuova responsabile al controllo qualità che fa delle normative la sua linea guida.
Tra pignolerie e repulsioni, freddezze e inibizioni al contatto fisico, quei due corpi finiranno per scongelarsi in un processo, fisico e mentale, che diventa un magnifico viaggio nell’emotività.
Perché per scoprire la differenza tra guardare e vedere bisogna mettersi totalmente in gioco e abbandonare una volta per tutte l’arte della dissimulazione. Complice la sparizione di una potente polvere per l’accoppiamento degli animali dal macello, parte un’indagine di polizia che coinvolge una psicologa chiamata, attraverso i sogni dei dipendenti, a mettersi sulle tracce del colpevole.
Casualità, scherzo del destino o accordo complice? Possibile che Mária (la prodigiosa Alexandra Borbély) e Endre (l’esordiente Géza Morcsányi, direttore per vent’anni della più importante casa editrice di Budapest) si incontrino ogni notte nelle fattezze di due cervi senza sapere nulla l’uno dell’altro?
Possibile perché il desiderio è sublimazione e nel silenzio fatato di quella foresta incantata si celano l’eroismo del quotidiano, le aspirazioni e il bisogno di condivisione di due anime in pena che mal si adattano al nostro tempo in maschera.
Così, tra pupille dilatate e deduzioni (la partita a carte), film porno e cellulari nuovi, rappresentazioni immaginarie col Lego e tentati suicidi, mani che affondano nel purea di patate e un analista per bambini come confidente, il magnifico film dell’ungherese Ildikó Enyedi (premiato all’ultimo Festival di Berlino con l’Orso d’Oro) riesce a raccontare una struggente storia d’amore attraverso un sapiente impianto visivo che gioca sui contrasti di luci, corpi, ombre e movimenti.
Una vera e propria antitesi stilistica che sovrappone piani temporali ed emotivi senza perdere un colpo sotto l’aspetto del pathos narrativo.
Con sequenze indimenticabili e raccapriccianti (il sezionamento degli animali al macello con quegli occhi che parlano prima della morte) e un andamento solo apparentemente pacato. In realtà si scava con raffinata precisione psicologica nella mente dei due protagonisti che si offrono generosamente anima e corpo, proprio come il bel titolo del film, ad una prova spericolata tutta giocata sul filo rosso dell’instabilità emotiva.
Allo spettatore sono richieste pazienza, generosità ed apertura mentale ma la fatica e lo sforzo valgono ampiamente il prezzo del biglietto per uno dei film più belli ed originali della stagione.
Nelle sale dal 4 gennaio distribuito da Movies Inspired