Prima atleta americana ad eseguire il triplo Axel durante i campionati nazionali statunitensi del ’91, la protagonista del bellissimo film di Gillespie (in America uscirà il prossimo 8 dicembre mentre in Italia sarà distribuito da Lucky Red) combatte tra sensi di colpa e voglia di emancipazione, affetti mancati e un matrimonio che somiglia più a una fuga (dalla madre castrante) che a una nuova vita sentimentale (schiaffi e pugni regoleranno le sue giornate di coppia).
Focosa e poco incline alle regole, ossessionata e sboccata (gli insulti ai giudici che in gara non la valutano per i suoi meriti ma per il suo aspetto esteriore), Tonya proverà sulla sua pelle che essere il n.1 non significa sempre essere il più bravo. Nello sport come nella vita.
Aperto dalle interviste confessione dei personaggi che si raccontano come in un falso documentario parlando direttamente allo spettatore, I, Tonya miscela sapientemente dramma sportivo e commedia nera (la seconda parte, con lo squallido e coloritissimo sottobosco di manovali del crimine da strapazzo, sembra provenire da un film dei Coen), liberismo politico (al muro c’è affisso un poster di Reagan) e odissea familiare con stile survoltato (lode al montaggio di Tatiana S.Riegel) e varietà di toni.
Ma il film non sarebbe lo stesso senza l’indimenticabile interpretazione di Margot Robbie (qui anche nelle vesti di produttrice).
Capace di volteggiare sulla pista e davanti alla macchina da presa con una serie di evoluzioni atletiche e fisionomiche davvero impressionanti (indimenticabile il suo viso riflesso nello specchio prima di entrare in gara alle Olimpiadi).
Con quei falsi sorrisi da regalare a pubblico e giurie che in realtà erano lacrime impossibilitate a uscire dall’anima di una ragazza costretta a crescere troppo in fretta e che finì per riciclarsi come pugile dopo il processo. Perché di cazzotti presi e dati alla vita Tonya ne sapeva abbastanza e perché per essere se stessi il prezzo da pagare è sempre troppo alto. Da non perdere