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giovedì 13 aprile 2017
di José de Arcangelo
PLANETARIUM
Terzo ambizioso film della regista Rebecca Zlotowski già presentato ai festival di Toronto e Venezia
Presentata fuori concorso ai Festival di Venezia e di Toronto, e in anteprima nei giorni scorsi a Rendez Vous, la pellicola intreccia troppi argomenti e spazia su più generi, dallo spiritismo alla persecuzione nazista, dal cinema stesso al rapporto tra due sorelle e un illuminato produttore. Dopo il debutto con “Belle Epine” (2010, Settimana della Critica a Cannes, Premio Louis Delluc e della Critica
Dopo il debutto con “Belle Epine” (2010, Settimana della Critica a Cannes, Premio Louis Delluc e della Critica alla Miglior Opera prima) e “Grand Central” (2013, Un Certain Regard a Cannes), la regista francese Rebecca Zlotowski affronta la sua terza opera, più ambiziosa e complessa, Planetarium.
Presentata fuori concorso ai Festival di Venezia e di Toronto, e in anteprima nei giorni scorsi a Rendez Vous, la pellicola intreccia troppi argomenti e spazia su più generi, dallo spiritismo alla persecuzione nazista, dal cinema stesso al rapporto tra due sorelle e un illuminato produttore.

Alla fine degli anni ’30, Laura (Natalie Portman) e Kate (Lily-Rose Depp, figlia di Johnny e Vanessa Paradis) Barlow, due sorelle americane che praticano sedute spiritiche pubbliche e private, sono in tour in Europa. A Parigi incontrano André Korben (Emmanuel Salinger), famoso produttore cinematografico francese proprietario di uno dei più grandi studio della Francia, dove produce film utilizzando costose tecniche all’avanguardia.
Benché scettico, Korben decide quasi per gioco di sottoporsi ad una seduta spiritica con le due ragazze, ma resta profondamente colpito da questa esperienza, offre alle sorelle ospitalità nella sua villa e stipula con loro un contratto per realizzare un ambizioso esperimento: dirigere il primo vero film sull’esistenza dei fantasmi.

Ma presto Laura – diventata attrice - capirà che vi sono ragioni ben più oscure che legano l’uomo a loro…
Suggestivo sul versante visivo e in bilico fra realtà e finzione, Planetarium non raggiunge mai l’equilibrio tra emozione e riflessione per riuscire a coinvolgere fino in fondo lo spettatore a cui si chiede un’attenzione particolare. Infatti, la sceneggiatura della stessa Zlotowski e Robin Campillo, racconta storie realmente accadute ma romanzate e reinventate attraverso il filtro della realtà contemporanea, piene di riferimenti e citazioni (per i locali l’autrice si è ispirata a “Cabaret” di Bob Fosse), fra passato e presente, vita e morte.

Il clima politico e critico che ci circonda, ci sommerge – spiega l’autrice sull’origine del film -; il desiderio di filmare un’attrice straniera che si trasferisce in Francia (la Portman ndr.); rivendicare personaggi dal destino glorioso e una voglia molto forte di credere nella finzione… Ho sentito la necessità di trattare il mondo insidioso, crepuscolare, nel quale siamo entrati, con gli strumenti romanzeschi. Ho pensato a questa frase di Duras così inquietante quando ci si pensa: Non si sa mai quando si è sul punto di cambiare”.

E sui personaggi, aggiunge: “Mi sono subito interessata alla storia delle sorelle Fox, tre sorelle medium americane che hanno inventato lo spiritismo alla fine del 19° secolo, grande mito americano. Il loro successo è stato considerevole, portando alla nascita e al prosperare di una dottrina con centinaia di migliaia di adepti in tutto il mondo, fino ai circoli intellettuali dell’Europa. Un episodio poco conosciuto ma che mi ha affascinato: l’assunzione, per un anno, da parte di un ricco banchiere (sostituito dalla figura del produttore Bernard Natan ndr.), di una delle sorelle per incarnare lo spirito della moglie defunta. Questa storia mi è piaciuta. E’ stato un punto di partenza da thriller, fortemente hitchcockiano”.

Infatti, non ho avuto bisogno di inventarmi la figura di un produttore – conclude - la cui caduta fosse prevista: era già esistito. Bernard Natan, ricco produttore di origine romena, naturalizzato francese, veterano di guerra, partito da niente, che aveva rilevato la Pathé Cinema nel 1929, era stato vittima di una campagna antisemita che lo aveva costretto a dimettersi dalle sue funzioni, prima di essere destituito dalla sua nazionalità francese per poi essere consegnato dalle autorità a Auschwitz via Drancy”.

Affiancano i tre bravi protagonisti, Louis Garrel (l’attore Fernand Prouvé), anche nell’altro film francese in uscita, “Mal di pietre”; Amira Casar (Eva Said), Pierre Salvadori (André Servier), David Bennent (Juncker) e Damien Chapelle (Louis).
Ottima ambientazione anni Trenta firmata dal direttore della fotografia Georges Lechaptois, dalla costumista Anais Romand, dalla scenografa Katia Wyszok, dal trucco e parrucco di Sarai Fiszel e Catherine Leblanc-Careas. Il montaggio è di Julien Lacheray e le musiche di Rob.

Nelle sale italiane dal 13 aprile distribuito da Officine Ubu

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