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giovedì 16 marzo 2017
di Claudio Fontanini
PINO DANIELE-IL TEMPO RESTERA’
Toccante documentario di Giorgio Verdelli sul cantante di Napul’è che esce in sala solo per 3 giorni
I colori, gli umori e i sapori di una città dalle mille anime; la storia musicale di un artista che col suo linguaggio innovativo ha rivoluzionato i canoni tradizionali della canzone partenopea; il tributo ad una band di amici che si scatenava sul palco senza limiti. Tutto questo, e molto di più, è “Pino Daniele- Il tempo resterà”, il bel documentario
I colori, gli umori e i sapori di una città dalle mille anime; la storia musicale di un artista che col suo linguaggio innovativo ha rivoluzionato i canoni tradizionali della canzone partenopea; il tributo ad una band di amici che si scatenava sul palco senza limiti. Tutto questo, e molto di più, è Pino Daniele- Il tempo resterà, il bel documentario di Giorgio Verdelli sul cantante di “Napul’è” che arriva nelle sale cinematografiche per tre giorni (il 20, 21 e 22 marzo) e a due anni di distanza dalla sua tragica scomparsa.
Attraverso filmati di repertorio inediti, performance musicali (tutte live), testimonianze ed interviste (quelle a Pino sono state registrate tra il 1978 ed il 2014), emerge il ritratto di un musicista (si perché Pino prima che un grande cantautore era un formidabile chitarrista) che ha saputo rompere schemi e convenzioni di un Sud troppo spesso ancorato al passato.

Così quella di Pino è stata, e continua ad essere, una musica senza frontiere, una vera e propria composizione polifonica in grado di mettere d’accordo metrica e sentimento.
Con la sua voce inimitabile che ha saputo persino sdoganare il dialetto, Daniele attraverso il suo sound mediterraneo ha sfidato le regole e le imposizioni del mercato nel nome dell’autenticità assoluta e dell’esigenza di essere se stessi (“Io non sono io, sono me” si legge nel suo diario scritto a penna). Un artista capace di parlare soltanto con la forza della sua musica (“Non sai parlare!” lo rimprovera uno spettatore ad un concerto a Pescara. “L’importante è saper suonare…” risponde Pino per nulla infastidito) e di non battere mai strade sicure andando sempre alla ricerca della sperimentazione ritmica e di nuove sonorità.

Selezionato appositamente dal regista (autore anche di “Unici”, la bella serie di monografie sui personaggi della musica e dello spettacolo andate in onda su Raidue dal 2013 al 2015) attraverso una lunga e paziente ricerca (i figli del cantante e Fabiola Sciabbarasi, l’ex moglie, hanno condiviso il progetto) Il tempo resterà emoziona e ci riporta indietro nel tempo attraverso brani che hanno fatto la storia della nostra musica vicino ad altri che sono vere e proprie gemme nascoste nella discografia di Daniele (come “Schizzechea” e “Maggio se ne va” che non a caso sono tra i momenti più belli e toccanti del film).

Ma, come detto in apertura, quello di Pino non era solo il suo mondo ma anche quello di una formidabile band (James Senese, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Tony Esposito, Rino Zurzolo) che ha condiviso viaggi e successi, voglia d’improvvisazione e andamenti jazz. Altro che pezzi di 4’ imposti da radio e major, questi ‘magnifici 6’ suonavano brani che potevano durare anche 12’ (“La musica finiva quando doveva finire” ha detto il regista) tra il tripudio generale di una folla affamata di qualità e di passione.

Prodotto da Sudovest con RaiCinema e distribuito nelle sale da Nexo Digital in 270 copie (e non è detto che i giorni di programmazione si fermino a tre), il film di Verdelli- con la voce narrante di Claudio Amendola- sarà presentato in anteprima al Teatro San Carlo di Napoli il 19 marzo (il giorno del compleanno di Pino che avrebbe compiuto 62 anni).
Il tempo resterà non è la biografia di Pino ma per certi versi gli somiglia molto” ha detto il regista presentando il suo lavoro a Roma alla presenza della vecchia band “mi sono fatto guidare dalle sue canzoni e dalle sue frasi che sono diventate il filo conduttore di questo percorso emozionale che a bordo di un autobus (ribattezzato Vaimò come il tour dell’81 e guidato dall’attore Enzo Decaro ndr) ci ha riportato nei luoghi della Napoli di Pino per raccontare la sua idea di musica in movimento perenne”.

Tra sorrisi ed aneddoti (“Un anno mi regalò un Babbo Natale di cioccolata perché ero povero” ricorda Enzo Gragnaniello), mitici duetti (con Eric Clapton a Cava dè Tirreni), virtuosismi (le prove alla chitarra con Al di Meola) e colonne sonora in prova (a casa di Troisi con l’esecuzione mascherata di “Quando”), il film mette in scena anche la sensibilità, artistica ed umana, di un personaggio malinconico e solitario (“Dopo il trionfo del concerto di Napoli a Piazza Plebiscito nell’81, di fronte a 200.000 spettatori, mentre tutti si abbuffavano al ristorante lo trovai da solo sul pullman incredulo” ricorda Peppe Lanzetta) che ha conosciuto sofferenza e tristezza da bambino.
Ha vissuto un’infanzia difficile per i suoi problemi di salute” dice De Piscopo ma ha saputo sublimare tutto attraverso la chitarra. A 14 anni gli dissi se si poteva fare qualcosa per la sua vista ma lui mi rispose che aveva paura di perdere la sua sensibilità e che stava ‘bbuono accussì’. Viveva su una nuvola da solo e la musica è stata la sua vita”. Suonala ancora Pino.

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