Un gioco di ruoli per una guerra virtuale: la combattono al cinema i ’prof’ Giallini e Gassman
Uno, Filippo (Alessandro Gassmann) è allegro, disimpegnato e seduttore seriale sui social network, l’altro, Ernesto (Marco Giallini) è austero, colto e rigorosamente off line. Professori di liceo agli antipodi con un burrascoso passato irrisolto alle spalle (c’era di mezzo una donna contesa, Carolina Crescentini) i due si ritroveranno sotto lo stesso liceo per combattere
Uno, Filippo (Alessandro Gassmann) è allegro, disimpegnato e seduttore seriale sui social network, l’altro, Ernesto (Marco Giallini) è austero, colto e rigorosamente off line. Professori di liceo agli antipodi con un burrascoso passato irrisolto alle spalle (c’era di mezzo una donna contesa, Carolina Crescentini) i due si ritroveranno sotto lo stesso liceo per combattere una guerra virtuale in un gioco di ruoli capovolti. Complice un video virale e l’improvvisa apparizione di una figlia in comune (l’esordiente Teresa Romagnoli) che deve girare un documentario, ecco quella strana coppia alle prese coi dilemmi tecnologici ed esistenziali del nostro tempo virtuale.
Con Filippo privato del suo smartphone ed Ernesto costretto ad aprire una pagina facebook (‘OKakfao muerte’ si legge come frase di benvenuto…) nel nome della riconquista di se stessi. Perché in fondo è tutta una questione di dosi e il quinto film di Massimiliano Bruno inneggia ad Aristotele (‘in medio stat virtus’) più che alla vita riflessa. Peccato che tra legami di sangue e nativi digitali, chat genitoriali e mondi paralleli, gruppi di recupero per dipendenti dalla rete e dialoghi in macchina (perché?) Beata ignoranza sembra accontentarsi di mettere in scena un duello ideologico che non si fa mai cinema.
E così anche due ottimi attori come Gassmann e Giallini (al loro terzo film insieme dopo “Tutta colpa di Freud” e “Se Dio vuole”) smarriscono il loro naturale affiatamento per colpa di una sceneggiatura banale e davvero poco credibile per sviluppo narrativo. Ci si aspettava una commedia briosa e cattivella sulla scia dei Perfetti sconosciuti di Genovese e invece qui tutto si risolve in un buonismo fastidioso e retorico che tra musichette onnipresenti e smorfiette attoriali tenta di coniugare mondi agli antipodi. Superficiale e stiracchiato, il film di Bruno non sfrutta nemmeno le figure secondarie, sin troppo sfocate ed inutili. Qualche battuta e la simpatia dei due protagonisti non bastano così a sollevare il tono di un film che conferma il difficile momento della nostra commedia. Al botteghino e in fase creativa.