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giovedì 16 giugno 2016
di José de Arcangelo
Tutti vogliono qualcosa
In bilico tra American Graffiti e Animal House,la nuova commedia autobiografica di Richard Linklater
Dopo il successo di critica, la candidatura all’Oscar e il Golden Globe per Boyhood, Richard Linklater torna alla commedia autobiografica da lui scritta e diretta, Tutti vogliono qualcosa, sequel spirituale del suo La vita è un sogno (Dazed and Confused”, 1993), ovvero dall’ultimo anno del liceo nel 1976 passa all’università nei primi anni Ottanta.
In bilico tra “American Graffiti”  e “Animal House”, commedia ora nostalgica ora ironica rievoca le atmosfere universitarie anni Ottanta, lontane dalla contestazione anni Settanta e alla vigilia dell’edonismo reaganiano, senza eccessi né volgarità.

1981: Jake Bradford (la rivelazione Blake Jenner) si trasferisce al college e prende posto nel campo di un’abitazione insieme ai compagni della squadra di baseball universitaria. Tra cameratismi e bullismo, feste e qualche conflitto interno al gruppo, tra folli notti all’eterna ricerca di bevute e conquiste femminili, Jake inizia un (consueto) percorso di crescita che lo porterà a trovare anche l’amore.
Il tutto accompagnato da un’ottima colonna sonora anni ’70-’80, tanto che il titolo Every Wants Some è preso in prestito dalla canzone dei Van Halen che “cattura in modo perfetto il modo di scherzare e l’indecenza dei diciott’anni. Quando sei giovane e appassionato, vuoi avere tutto. Lo ritieni un diritto di nascita, perché sei troppo giovane per capire.”

Ho una connessione personale con ogni canzone del film – ammette Linklater Volevo condividere la sensazione che si provava ad ascoltare queste canzoni alla radio, a ballarle in discoteca e in bar di musica country o a sentirle uscire dallo stereo di casa o della macchina. La disco era ancora la musica più ballata (sarebbe ‘morta’ da lì a un anno), la musica country stava diventando improvvisamente di moda in posti dove prima non lo era (grazie al film ‘Urban Cowboy’), la meta era amatissima, il punk e la new wave erano le nuove ed eccitanti alternative e cominciavano a spuntare i primi esempi di quello che poi sarebbe diventato l’hip-hop. Era un momento interessante dal punto di vista musicale, con tanti artisti al massimo della forma e tanti generi che si dividevano le scene in modo equo”.

Una commedia che ricrea la ‘normale e spensierata’ vita quotidiana nell’università di ragazzi come tutti gli altri e perciò da autobiografica diventa universale. Sicuramente conquisterà di più gli ex ragazzi degli anni Ottanta perché la ricostruzione è accuratissima e, dato i cambiamenti - soprattutto tecnologici - avvenuti negli ultimi trent’anni, può sembrare quasi preistoria.
E, a proposito dei balli, la coreografa Andrea Ariel dice: “Quando guardi i video di quel periodo, noti che la gente era molto più libera nel movimento pelvico e si scatenava in modo che oggi non vedi più. Era una rivoluzione sessuale e culturale e ballare era celebratorio”.

Linklater ha poi scelto un cast – in maggioranza di esordienti - non solo verosimile e credibile ma anche efficace che, nonostante si tratti di una commedia corale, gira intorno al vero protagonista: Austin Amelio (Nesbit), Temple Baker (Tyrone Plummer), Will Brittain (Beuter Perkins alias Buffalo), Zoey Deutch (Beverly), da “Vampire Academy” a “Nonno scatenato”; Ryan Guzman (Roper), di “Step Up Revolution; Tyler Hoechlin (McReynolds), già visto nel serial “Teen Wolf”; J. Quinton Johnson (Dale Douglas), Tanner Kalina (Brumley), Glen Powell (Finnegan), Wyatt Russell (Willoughby), Juston Street (Jay Niles) e Forrest Vickery (Coma).

Nelle sale italiane dal 16 giugno distribuito da Notorious Pictures

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