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giovedì 4 febbraio 2016
di José de Arcangelo
Seconda primavera
Vita e morte, amicizia e amore nel giardino dei sentimenti ’curato’ dal regista Francesco Calogero
Da un’idea non male, che poteva diventare una sorta di commedia alla Rohmer, Seconda primavera delude le aspettative perché man mano che procede, il nuovo lungometraggio di Francesco Calogero - regista che aveva conquistato critica e pubblico con l’opera prima “La gentilezza del tocco” e dopo, nel 1997, presente nella selezione ufficiale del  Festival di Venezia con “Cinque giorni di tempesta” -, perde colpi e non riesce a coinvolgere del tutto lo spettatore.
Prendendo spunto da due riflessioni sulla vita e sulla morte, da un lato dallo scrittore Thornton Wilder, dall’altra dal regista Rainer Werner Fassbinder, racconta una sorta di “ronde” di amicizie e amori incrociati, tra quattro personaggi giovani e meno giovani.

Peccato che la freschezza dei suoi film precedenti qui venga banalizzata, anzi cancellata, da dialoghi tanto improbabili quanto inverosimili, dato che la sceneggiatura è firmata da Calogero stesso, sempre sulla scia di “Vi sono una terra dei vivi e una terra dei morti, e il ponte è l’amore, l’unica sopravvivenza, l’unico significato” (Wilder); e “Quando accetti il fatto che la morte è una parte della vita, non la si teme più e non si ha paura di qualsiasi altra fine. Ma finché si vive con la paura della morte, si reagisce in modo identico rispetto alla fine di una relazione e, come risultato, l’amore che pure esiste viene pervertito”. (Fassbinder)

Nell’arco di sei stagioni - ovviamente da una primavera all’altra – come da titolo, la vicenda di quattro persone di una diversa età della vita. A sconvolgere l’inverno perenne dell’esistenza dell’architetto cinquantenne Andrea Ricoli (Claudio Botosso) è l’incontro con la studentessa Hikma (Desirée Noferini), che gli ricorda l’amata moglie Sofia, morta in circostanze misteriose.
Ripudiata dal fratello, un ristoratore di origine maghrebina, dopo essere rimasta incinta del trentenne Riccardo (Angelo Campolo), sposato con la matura Rosanna (Anita Kravos) - circa dieci anni più grande di lui -, Hikma viene ospitata da Andrea, al quale insegna a prendersi cura del giardino che circonda la sua grande villa al mare e che sta meditando di vendere.

In questo modo, Andrea sviluppa un inconfessato sentimento, assai vicino all’amore: la seconda primavera della storia è per lui una nuova stagione di passioni. Ma, quando Riccardo ritorna da Hikma – dopo un periodo di riavvicinamento alla moglie -, Andrea si fa da parte. Il suo rammarico è, forse, attenuato dalla consapevolezza di essere ritornato alla vita.
Le parole di Fassbinder – dice il regista nelle note – sembrano gettare un ponte – immagine simbolo di questa storia (c’è un ponte che porta dalla villa al giardino ndr.) -, tra la terra dei vivi e la terra dei morti, avvicinando la morte di un amore alla morte fisica degli uomini, e che si instaura progressivamente, fino al classico finale aperto, tra il mite Andrea, che non ha mai superato il dolore per la tragica scomparsa della moglie Sofia, e la sensibile Rosanna, in crisi per la fine della sua relazione con il più giovane Riccardo”.

Nel cast – eterogeneo ma corretto - anche Nino Frassica (Giovanni Maggiari), Hedy Krissane (Nabil Bouchri), Tiziana Lodato (Pia), Gianluca Cesale (Michele), Antonio Alveario (Vito), Monia Alfieri (Marina) e Livio Bisignano (Giacomo).
Nelle sale italiane dal 4 febbraio distribuito da Mariposa Cinematografica


 
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Foto dall’Ufficio Stampa

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