Ritorno del catastrofico all’insegna degli effetti speciali digitali e tridimensionali di ultimissima generazione. Tanto spettacolo ma, purtroppo, poca sostanza in una struttura e una sceneggiatura convenzionali in cui latitano originalità e vere emozioni. Tutta colpa della gelida meraviglia del digitale che tutto rende possibile e realistico senza provocare brivido e terrore nello spettatore? Infatti, San Andreas di Brad Peyton, sceneggiato da Carlton Cuse su un soggetto di André Fabrizio & Jeremy Passmore, risente della mania di ‘rifare’ tutto il cinema del passato rivisitandolo con le nuove tecnologie però senza idee nuove né personaggi di grande spessore. Quindi è il trionfo della distruzione in diretta con palazzi che crollano, grattacieli che si sbriciolano e centinaia di comparse schiacciate e/o inghiottite dal sisma.
Il tutto accade – dopo un prologo con un salvataggio mozzafiato - quando la famigerata Faglia di Sant’Andrea scatena un terremoto di magnitudo 9 in California, il pilota di elicottero di soccorso, Ray (il divo del cinema d’azione Dwayne Johnson), e sua moglie, Emma (Carla Cugino), ormai alla vigilia del divorzio, si dirigono da Los Angeles a San Francisco per portare in salvo la loro unica figlia, Blake (Alexandra Daddario). Intorno a loro, il nuovo compagno di lei, Daniel Riddick (Ioan Gruffud dei Fantastici 4), il giovane inglese, timido ma coraggioso, Ben (l’australiano Hugo Johnstone-Burt), destinato a diventare più che un amico di Blake, e il fratellino Ollie (il dodicenne irlandese Art Parkinson).
Parallelamente, Lawrence Hayes (Paul Giamatti), un sismologo della Caltech – dopo un devastante terremoto nel Nevada - crede di aver trovato un modo per tracciare il terremoto ed è convinto che il peggio debba arrivare. Tormentato dai contrattempi e dall’assenza di energia e comunicazioni nel suo laboratorio di Pasadena cerca con ogni mezzo di lanciare l’allarme, con l’aiuto di una giornalista televisiva, Serena (Archie Panjabi), e salvare la vita di più persone possibile. Naturalmente, al centro del film i profondi istinti che, all’improvviso e in maniera incontrollabile, vengono provocati dalla forza della natura (matrigna): il bisogno di appoggiarsi agli altri e di confermare cosa è più importante per noi stessi.
Peyton suggerisce che “i disastri riescono a far emergere il meglio di noi (e possiamo aggiungere anche il peggio ndr.). Gli individui riescono a concentrarsi e a trovare la forza. Le persone comuni diventano eroi e gli eroi spingono loro stessi al limite”. Però anche in questo caso, i personaggi sono pressoché tagliati con l’accetta, perché i ‘buoni’ sono quelli che riescono a ‘salvare la (propria) famiglia, mentre il ‘cattivo’ e codardo che fugge davanti al pericolo, abbandonando la futura figliastra, sarà punito dal terremoto. A questo punto, uno dei classici del genere anni Settanta come il discreto Terremoto di Mark Robson (1974) di fronte a questo ennesimo prodotto diventa un capolavoro di brivido e terrore, allora e sempre ‘all stars’ - da Charlton Heston ad Ava Gardner - ed uno dei primo in sensurround.
Nel cast Kylie Minogue (Susan Riddick), Will Yun Lee (Dr. Kim Park), Colton Haynes (Joby), Todd Williams (Marcus), Matt Gerald (Harrison) e Marissa Neitling (Phoebe). La troupe di specialisti comprende il direttore della fotografia Steve Yedlin (“Looper”), lo scenografo Barry Chusid (“The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo”), il montatore Bob Ducsay (“Godzilla”), il produttore degli effetti visivi Randall Starr (“Into the Storm”), il supervisore degli effetti visivi Colin Strause (“The Avengers”) e la costumista Wendy Chuck (“Twilight”). Le musiche sono del fedele Andrew Lockington che aveva già collaboratore di Peyton per i più riusciti “Viaggio al centro della terra” e “Viaggio nell’isola misteriosa”.
Nelle sale dal 28 maggio distribuito da Warner Bros. Pictures
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