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giovedì 28 maggio 2015
di José de Arcangelo
San Andreas
Trionfo di effetti digitali ma poco ’cuore’ in un film che si rifà al vecchio "Terremoto" anni ’70
Ritorno del catastrofico all’insegna degli effetti speciali digitali e tridimensionali di ultimissima generazione. Tanto spettacolo ma, purtroppo, poca sostanza in una struttura e una sceneggiatura convenzionali in cui latitano originalità e vere emozioni.
Tutta colpa della gelida meraviglia del digitale che tutto rende possibile e realistico senza provocare brivido e terrore nello spettatore? Infatti, San Andreas di Brad Peyton, sceneggiato da Carlton Cuse su un soggetto di André Fabrizio & Jeremy Passmore, risente della mania di ‘rifare’ tutto il cinema del passato rivisitandolo con le nuove tecnologie però senza idee nuove né personaggi di grande spessore. Quindi è il trionfo della distruzione in diretta con palazzi che crollano, grattacieli che si sbriciolano e centinaia di comparse schiacciate e/o inghiottite dal sisma.

Il tutto accade – dopo un prologo con un salvataggio mozzafiato - quando la famigerata Faglia di Sant’Andrea scatena un terremoto di magnitudo 9 in California, il pilota di elicottero di soccorso, Ray (il divo del cinema d’azione Dwayne Johnson), e sua moglie, Emma (Carla Cugino), ormai alla vigilia del divorzio, si dirigono da Los Angeles a San Francisco per portare in salvo la loro unica figlia, Blake (Alexandra Daddario).
Intorno a loro, il nuovo compagno di lei, Daniel Riddick (Ioan Gruffud dei Fantastici 4), il giovane inglese, timido ma coraggioso, Ben (l’australiano Hugo Johnstone-Burt), destinato a diventare più che un amico di Blake, e il fratellino Ollie (il dodicenne irlandese Art Parkinson).

Parallelamente, Lawrence Hayes (Paul Giamatti), un sismologo della Caltech – dopo un devastante terremoto nel Nevada - crede di aver trovato un modo per tracciare il terremoto ed è convinto che il peggio debba arrivare. Tormentato dai contrattempi e dall’assenza di energia e comunicazioni nel suo laboratorio di Pasadena cerca con ogni mezzo di lanciare l’allarme, con l’aiuto di una giornalista televisiva, Serena (Archie Panjabi), e salvare la vita di più persone possibile.
Naturalmente, al centro del film i profondi istinti che, all’improvviso e in maniera incontrollabile, vengono provocati dalla forza della natura (matrigna): il bisogno di appoggiarsi agli altri e di confermare cosa è più importante per noi stessi.

Peyton suggerisce che “i disastri riescono a far emergere il meglio di noi (e possiamo aggiungere anche il peggio ndr.). Gli individui riescono a concentrarsi e a trovare la forza. Le persone comuni diventano eroi e gli eroi spingono loro stessi al limite”.
Però anche in questo caso, i personaggi sono pressoché tagliati con l’accetta, perché i ‘buoni’ sono quelli che riescono a ‘salvare la (propria) famiglia, mentre il ‘cattivo’ e codardo che fugge davanti al pericolo, abbandonando la futura figliastra, sarà punito dal terremoto.
A questo punto, uno dei classici del genere anni Settanta come il discreto Terremoto di Mark Robson (1974) di fronte a questo ennesimo prodotto diventa un capolavoro di brivido e terrore, allora e sempre ‘all stars’ - da Charlton Heston ad Ava Gardner - ed uno dei primo in sensurround.

Nel cast Kylie Minogue (Susan Riddick), Will Yun Lee (Dr. Kim Park), Colton Haynes (Joby), Todd Williams (Marcus), Matt Gerald (Harrison) e Marissa Neitling (Phoebe).
La troupe di specialisti comprende il direttore della fotografia Steve Yedlin (“Looper”), lo scenografo Barry Chusid (“The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo”), il montatore Bob Ducsay (“Godzilla”), il produttore degli effetti visivi Randall Starr (“Into the Storm”), il supervisore degli effetti visivi Colin Strause (“The Avengers”) e la costumista Wendy Chuck (“Twilight”). Le musiche sono del fedele Andrew Lockington che aveva già collaboratore di Peyton per i più riusciti “Viaggio al centro della terra” e “Viaggio nell’isola misteriosa”.

Nelle sale dal 28 maggio distribuito da Warner Bros. Pictures

Links correlati
http://www.warnerbros.it

 
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