L’opera prima di Mimmo Mancini la possiamo ben definire una commedia d’attualità perché fonde l’utile col dilettevole e anche perché, oltre al richiamo sociale, prende in considerazione il tema della religione, tra pregiudizio e fanatismo, che - data la situazione mondiale contemporanea scottante - arriva nelle sale quasi come un messaggio premonitorio e anticipatore su discriminazione e sfruttamento, convivenza e fondamentalismo. E si tratta di un caso perché il film viene da un lungo processo di realizzazione (l’idea nacque addirittura nel 2005), quando il problema non era ancora diventato così grave, anzi era stato sottovalutato.
E all’immigrato protagonista di Ameluk, nonostante sia sposato con un’italiana e ben inserito nel tessuto sociale del paese, basta un non nulla perché diventi ‘il povero Cristo’ della situazione pronto ad essere crocifisso (lo ‘scandalo’ parte dal fatto che uno straniero e per giunta musulmano diventi Cristo, appunto, durante la recita della Passione). Quindi è Jusuf (Mehdi Mahdloo Torkaman) il capro espiatorio per rancori e rivalità di ogni sorta, persino politiche, di ‘peccati’ e disfunzioni (sociali). La storia si svolge a Mariotto, minuscolo paese della Puglia. E’ Venerdì Santo e tutto è pronto per la Via Crucis, ma l’interprete di Gesù, il parrucchiere Michele (Paolo Sassanelli), si siede sulla corona di spine e non se la sente di farlo. E’ l’inizio del ‘calvario’.
Il tecnico delle luci, Jusuf, mandato inconsapevolmente allo sbaraglio dall’amico parroco, Don Nicola (Roberto Nobile), lo sostituisce, ma è musulmano. Apriti cielo! La notizia desta scalpore e fa il giro del mondo e l’opinione pubblica di Mariotto si spacca in due. Jusuf, soprannominato Ameluk, sarà, suo malgrado, candidato a sindaco nelle elezioni locali. Sotto un fuoco di fila incrociato, tra momenti drammatici e situazioni comiche, sarà proprio Ameluk a riportare la pace nel paese.
“La parola Ameluk – dice l’autore e sceneggiatore con Carlo Dellonte – è legata ad un ricordo d’infanzia. Era il nome di un venditore ambulante che negli anni Sessanta girava per le piazze e le sagre di paese di Puglia e Basilicata vendendo pastiglie ‘contro’il fumo. Un omone con i baffi da turco e il classico ‘fez’ marocchino di colore rosso, con i cordoncini neri che ciondolavano a ogni tentennamento del suo testone. Viandante e alchimista per la mia fantasia, che sicuramente veniva da terre lontane misteriose”. La pellicola mette in evidenza le contraddizioni della nostra società, ma anche che una convivenza pacifica è possibile, anzi basta poco, si tratta soprattutto di rispetto reciproco, di accettazione e scambio, di solidarietà e amicizia, sentimenti che non conoscono né razze né colori né religioni.
“Il tema del film era chiaro – precisa il regista -, venirsi incontro è il modo per vivere in pace, e imparare l’uno dall’altro è il modo per crescere. Per far trionfare questo tema, bisogna prima sconfiggere egoismi, timori, ignoranza, campanilismi, paura di farsi fregare dal ‘diverso’”. “Così il protagonista – conclude il regista – è un immigrato, Jusuf Abdugali, un trentenne giordano che cerca di integrarsi in un piccolo centro a ridosso della Murgia barese, pietrosa e arida come le colline che si estendono tra Giordagia, Cisgiordania e Israele. Quella terra brulla lo fa sentire un po’ a casa. Non tutti i paesani però gli trasmettono la stessa sensazione: è gente abituata a un secolo di emigrazione che oggi fa fronte, con qualche sospetto e timore, all’immigrazione e a un inaspettato confronto religioso, politico e sociale. In paese le contaminazioni avvengono con ritmi lenti, e gli scenari per una nuova convivenza tra persone possono essere paradossali, assurdi, così come nel caso di Jusuf il quale, per assecondare gli autoctoni, si complica la vita non poco. Quando poi, per fare l’ennesimo favore (questa volta all’amico prete), veste i panni di Cristo nella Via Crucis, tutti i pregiudizi esplodono pubblicamente”.
Nel nutrito cast, tutto esclusivamente pugliese tra professionisti e non, tranne rare eccezioni: Claudia Lerro (Maria, la moglie), Francesca Giaccari (Rita), Dante Marmone (Arafat), Cosimo Cinieri (professore Ferrara), Michele Di Virgilio (Maresciallo), Maurizio De La Vallée (Esterino), Andrea Leonetti (Tonino), Teodosio Barresi (Pino, il barista), Nadia Kibout (Amida), Miloud Mourad Benamara (Abdul), Luigi Angiuli (nonno Maria), Pascal Zullino (padre Maria), Hedy Krissane (Mustafà), Tiziana Schiavarelli (Mafalda), Massimo Bagnasco (Minguccio), Helena Converso (Lilli, la giornalista), Alberto Testone (cameraman) e con l’amichevole partecipazione di Rosanna Banfi (madre Maria).
Naturalmente si tratta di una produzione indipendente di Rm Consulting Srl e Barbara Sperindei con il sostegno di MiBACT Direzione Gnerale per il Cinema (film di interesse Culturale Nazionale) e dell’attivissima Apulia Film Commission col patrocinio di Comune di Bitonto (dov’è nato e cresciuto Mancini) e con la collaborazione di Comma 3, Media partner Amra. Nelle sale dal 9 aprile distribuito da Flavia Entertainment in collaborazione con Draka distribution
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