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giovedì 12 marzo 2015
di José de Arcangelo
Blackhat
Michael Mann si tuffa nella ’rete’ per dirigere un cyber thriller che convince solo a metà
A quasi sei anni da Nemico pubblico – Public Enemies (2009), Michael Mann torna alla regia per un cyber thriller, sceneggiato da Morgan Davis Foehl, in bilico tra mondo reale e mondo virtuale, anzi dove tutti e due si con-fondono.
Infatti, Blackhat è ambientato nel mondo del cybercrimine globale, dove l’hacker Nick Hathaway (Chris ‘Thor’ Hensworth), finito in galera per aver truffato via internet alcune banche, viene prelevato dall’Fbi per una pericolosa missione: insieme ad uno esperto, Chen Dawai (Leehom Wang), già suo compagno di università e oggi tenente dell’agenzia investigativa, e alla sorella  Chen Lien (Wei Tang) tentino di sventare un’enigmatica squadra di criminali informatici di alto livello che opera in tutto il mondo, da Los Angeles a Chicago, passando per Hong Kong fino a Giacarta.

Certo chi cerca il blockbuster tutto azione, stavolta non sarà pienamente soddisfatto, anche se le scene più movimentate non mancano - soprattutto nella seconda parte - e sono sempre ottimamente ‘coreografate’ a ritmo mozzafiato dal produttore-regista.
Anche la sceneggiatura ha qualche buco e in certi momenti è approssimativa o inverosimile, però a Mann interessa la riflessione sul rapporto vita reale e virtuale, dato che attraverso la rete – ne abbiamo prove ogni giorno – si può fare tutto e il contrario di tutto, nel bene e nel male, tant’è che sempre più domina la nostra esistenza, sostituendo i rapporti umani con quelli virtuali, per cui possiamo addirittura perdere o riacquistare un’identità, e c’è persino chi fa la guerra via internet.

Infatti, ormai anche distruzione e morte ‘reali’ possono arrivare per via ‘virtuale’, perciò è tanto affascinante quanto inquietante l’inizio del film nei meandri della rete in cui, come un virus, parte la scintilla che provocherà una micidiale esplosione in una centrale nucleare in Cina e parallelamente in America, sorta di avvertimento di quello che potrebbe accadere la volta successiva.
Il regista però riesce a trasmettere allo spettatore l’ambiguità del nostro mondo contemporaneo e il bisogno degli esseri umani di relazionarsi, di comunicare, di esprimere sentimenti e affetti, attraverso gesti, atti e sguardi dei protagonisti più che tramite le parole.

Non molto bene accolto da critica e pubblico negli States, Blackhat esce da noi (con Francia e Belgio, uno degli ultimi paesi) senza il clamore riservato ai precedenti film di Mann – da L’ultimo dei Mohicani a Collateral passando per la versione cinematografica di Miami Vice, di cui era stato produttore -, ma chi ama il suo cinema scoprirà in filigrana le sue costanti e la sua maestria nelle riprese.
Nel cast anche la premio Oscar Viola Davis (Carol Barrett, agente Fbi), Holt McCallany (Mark Jessup), Andy On (Alex Trang), Ritchie Coster (Elias Kassar), Christian Borle (Jeff Robichaud), John Ortiz (Henry Pollack) e Yorik van Wageningen (Sadak).

Nelle sale dal 12 marzo distribuito da Universal International Pictures Italia


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http://www.universalpictures.it
 
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