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giovedì 26 febbraio 2015
di José de Arcangelo
THE REPAIRMAN
Tra ironia e surrealismo, un film per riflettere sulla vita che spesso ci travolge con frenesia
Un’opera prima originale e inconsueta nel panorama italiano, una commedia esistenzial-ecologica del piemontese Paolo Mitton, laureato in ingegneria e giramondo - dal Belgio a Parigi, dall’Inghilterra alla Spagna - che ha voluto tornare in Italia per firmare il suo primo lungometraggio dopo anni di gavetta negli effetti speciali e soprattutto nel montaggio, proprio a Londra
Un’opera prima originale e inconsueta nel panorama italiano, una commedia esistenzial-ecologica del piemontese Paolo Mitton, laureato in ingegneria e giramondo - dal Belgio a Parigi, dall’Inghilterra alla Spagna - che ha voluto tornare in Italia per firmare il suo primo lungometraggio dopo anni di gavetta negli effetti speciali e soprattutto nel montaggio, proprio a Londra, dove ha lavorato per Troy, Harry Potter e La fabbrica di cioccolato.
The Repairman è un film indipendente in tutti i sensi – non ha chiesto sovvenzioni né sostegno alcuno - realizzato ‘in casa’ perché girato nella provincia piemontese, con cast e troupe locale e sceneggiato con Francesco Scarrone, nato e cresciuto proprio nella cittadina in cui è ambientato, e partendo da un personaggio che proprio perché locale e verosimile diventa universale.

Scanio (Daniele Savoca) è un ingegnere mancato che si guadagna da vivere riparando macchine da caffè, ma in seguito ad un’infrazione si ritrova in un corso di recupero punti in un’autoscuola di provincia. Costretto a spiegare come abbia perso la patente, travolge insegnanti e compagni di corso col lungo e dettagliato racconto del suo ultimo anno di vita, ed è qui che inizia davvero il film.
Circondato da amici ormai ‘realizzati’ che non perdono occasione per criticarlo, da un vecchio telefono che continua a squillare e dallo zio panettiere che lo incoraggia a valorizzare il suo talento, Scanio si muove in raro equilibrio tra le contraddizioni del mondo contemporaneo. Un mondo che preferisce correre e non incoraggia chi, come lui, si prende il tempo per capire ciò che ancora funziona e ripararlo.

Solo Helena (Hannah Croft, attrice e moglie del regista), giovane inglese trasferitasi in Italia per lavorare come esperta di risorse umane (incaricata di ‘licenziare’ gentilmente) sembra in grado di capirlo e rassicurarlo, tant’è che decidono di vivere insieme ma…
Un curioso personaggio ma non troppo, in questa nostra società dell’usa e getta, cioè post vecchio consumismo, in cui non si ripara più niente ma si sostituisce, inondando il mondo di rifiuti di ogni sorta il che - in un momento di crisi come questo - significa spreco e (auto) distruzione.
Un gustoso mix di ironia e surrealismo con cui l’autore mette a fuoco le condizioni in cui ci troviamo spesso anche noi, travolti e inadeguati, costretti a correre quando preferiremo rilassarci e goderci la vita al ‘ritmo’ giusto e coltivando le nostre ‘passioni’.

Bella la scena iniziale con il volo delle anatre in una natura apparentemente incontaminata dove troneggiano le gigantesche torri d’acciaio che sorreggono i cavi dell’alta tensione.
Quello che non è mai cambiato è il personaggio – afferma il regista che ricorda diverse stesure di sceneggiatura -, nasce proprio da una scintilla dell’anima e dell’amicizia che univa noi (lui e lo sceneggiatore ndr.), dalle cose in comune che abbiamo, e pensavamo praticamente alla storia di un incompreso, un po’ come noi, abituati a chiuderci in casa a scrivere mentre gli altri ‘lavoravano’. E, sempre, quando ti concentri sui comportamenti e sui dialoghi viene fuori qualcosa di te, un po’ di quello che sei”.

Parla di una vita più lenta, è un elogio non escludendo il fatto che ci sia un’alternativa, è un film che mostra diversi modelli di vita e di raggiungere la felicità, a qualcuno di voi sarà capitato di ricevere una telefonata – come nel film – di qualcuno che vi dice di darti un mossa, uno si schiera da una parte o dall’altra. Però presentando un incompreso devi metterti nella posizione che gli altri comprendano un po’ di più”.
Nel cast anche Paolo Giangrasso (Fabrizio), Fabio Marchisio (Gianni), Irene Ivaldi (Zoe), Francesca Porrini (Carmen), Elena Griseri (insegnante autoscuola), Alessandro Federico (Pitu), Lorenzo Bartoli (idraulico), Beppe Rosso (zio), Anna Bonasso (padrona di casa), Ettore Scarpa (commesso), Barbara Mazzi (studentessa).
La fotografia che ricrea l’atmosfera quasi senza tempo del protagonista è firmata da David Rom, mentre il montaggio da Enrico Giovannone e Matteo Paolini. Le musiche originali sono di Alan Brunetta e Ricky Mantoan.

Presentato in anteprima al Raindance Film Festival poi a quello di Torino e, infine, a Shanghai, The Repairman uscirà una settimana prima nelle sale del Piemonte e ha ottenuto il patrocinio di diverse associazioni che si fanno promotrici della webzine Viva la reparaciòn al motto di ‘ogni riparazione è una piccola rivoluzione’ e, sulla tematica e sul senso filosofico legato all’attività professionale da Lega Ambiente, Slow Food Italia.
Le associazione coinvolte invece sono Restarters, Arci, Basta Un Seme, Festival di Collisioni (Barolo), Aiace Torino.
A Londra sono stati fondati i Restart Parties, momenti di ritrovo dove la gente porta soprattutto oggetti elettronici di consumo dove esperti riparatori, non tanto per riparare gratuitamente ma per insegnare a riparare, attività a cui i nostri nonni e padri erano abituati, per una sorta di riappropriazione di cose che abbiamo acquistato.
E a Roma, al Nuovo Cinema Aquila, il 27 febbraio è in programma una.

Nelle sale italiane dal 26 febbraio distribuito da Cineama in collaborazione con Slow Cinema in 20 copie

NOTE:
Hanno detto...:
Un delizioso esordio italiano (…) una delicata e piccola storia che ha un potenziale dal forte respiro internazionale, soprattutto se segnalato al pubblico che ha nostalgia dei primi e divertenti film di Woody Allen (…) raffinatezze tecniche impressionanti per un film  dal piccolo budget”. (The Reporter)
Un film che promette poco e regala allo spettatore tantissimo (…) Tutto sorprende: la bravura e la naturalezza degli attori, la trama, ma soprattutto la sceneggiatura”. (Il film straniero)


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