Può una fervida immaginazione sconfinare nella realtà e intrecciarsi con il destino di una persona? Quali correlazioni legano questi tre elementi? La risposta con l’effetto sorpresa, che inevitabilmente ne deriva, la troviamo in una deliziosa commedia francese Gemma Bovery, diretta dalla virtuosa Anne Fontaine (Coco avant Chanel, Il mio migliore incubo, Two mothers) e mirabilmente interpretata da uno dei migliori attori d’Oltralpe attualmente su piazza, cioè Fabrice Luchini (Potiche, Le donne del sesto piano, Molière in bicicletta). I due tornano a lavorare insieme dopo la precedente esperienza nel film La fille de Monaco e l’intesa tra regista ed attore sembra funzionare alla grande.
Tratto dalla graphic novel di Posy Simmonds il titolo del film si basa sul gioco di parole di un archetipo letterario femminile: Emma Bovary, la protagonista dell’omonimo romanzo di Gustave Flaubert, diventa infatti Gemma Bovery. E già questo è preludio di una storia in cui ironia e commedia feroce vanno a braccetto. Luchini è Martin un intellettuale parigino riciclatosi come panettiere, mestiere di suo padre, in un paesino della Normandia. Ha una fervida immaginazione e una passione per la grande letteratura, in primis Gustave Flaubert.
Quando una coppia di inglesi, dal nome familiare Bovery si trasferisce in un rustico di fronte a casa sua, Martin perde il controllo. La donna, guarda caso, si chiama Gemma è bella e si diverte a giocare con gli uomini. Martin ne resta affascinato tanto più perché inizia a confondere la realtà con la finzione letteraria. Inoltre in tutti i loro comportamenti i nuovi arrivati sembrano ricalcare proprio gli eroi di Madame Bovary. Martin si prodiga affinché il destino della coppia non segua la stessa trama; ma Gemma non ha letto il romanzo di Flaubert e dunque non ne conosce il finale…
In questo gioco altalenante e divertente Martin vede svolgersi davanti ai suoi occhi il romanzo e ciò fa sì che noi, da spettatori, viviamo in prima persona tutta la vicenda attraverso lo sguardo sempre più inebetito di Martin vero deus ex machina che manovra le corde, a metà strada tra un regista e uno scrittore. Gemma (la britannica Gemma Arterton vista in Tamara Drewe e Una canzone per Marion) è licenziosa, manipolatrice, sensuale. Martin le presenta casualmente un giovane e ricco proprietario terriero con cui la donna intreccia poi una focosa relazione. Martin che osserva lo scorrere degli eventi dalla finestra (e non solo in senso figurato visto che la coppia abita di fronte a casa sua) immagina i dialoghi che si svolgono tra i due amanti, gli amplessi. E’ coinvolto intimamente su tutto e allo stesso tempo soffre per questo amore platonico intenso.
Quando Gemma lo saluta con la mano incontrandolo per strada, gli fa esclamare una delle battute più felici del film: “Dieci anni di tranquillità sessuale spazzati via di colpo da un gesto insignificante!” Tutto intorno un gravitare di personaggi: Charles, marito di Gemma, la moglie di Martin, il figlio, un precedente amante che salta fuori sul finale, una coppia di inglesi snob e sopra le righe. Questi ultimi interpretati da Elsa Zylberstein, formidabile nel ruolo dell’eccentrica Wizzy e dal britannico Pip Torrens. Se nel romanzo Flaubert deride molto la borghesia, nel film è lo sguardo diffidente dei francesi sugli inglesi ricchi che vivono in Normandia un tema secondario ma che arricchisce l’ossatura principale. Ed è esilarante lo scambio di battute al vetriolo che Martin indirizza nei loro confronti. Insomma tutto nel film gira per il verso giusto, compreso il finale che è una chicca.
Nelle sale dal 29 gennaio distribuito da OFFICINE UBU
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